feste…

La Parashà tratta in modo dettagliato e specifico le regole relative al manifestarsi del “néga’ tzarà’ath”, la lesione determinata dall’affezione della tzarà’ath. Su quale sia il significato da dare a simili affezioni molto si è detto e scritto. Alcuni Maestri fanno notare che la parola “néga’” è l’anagramma, stravolgendo l’ordine delle lettere, della parola “’òneg”, “piacevolezza, diletto”, termine che è legato alle “delizie” dello Shabbat, come è detto: “Chiamerai lo Shabbath ‘òneg, delizia”; analogamente, la parola “tzarà’ath” è l’anagramma di “’atzéreth”, parola collegata con il concetto di festa solenne.
Ciò significa che Shabbat e feste sono in qual maniera l’opposto del “néga’ tzarà’ath”: se l’affezione era segno di distacco, nascondimento divino, di una grossolanità del mondo materiale che ricopre e nasconde l’interiorità del Creato, lo Shabbat e le feste, all’opposto, aprono gli occhi dell’uomo a vedere e percepire il Creatore attraverso il Creato, tolgono la “pelle” che ricopre l’interiorità e ne fanno brillare la luce interiore.

Elia Richetti, rabbino

(27 aprile 2017)