Europa, l’ultima chance
Due cose potrebbero essere quasi sicure per quanto riguarda le elezioni presidenziali in Francia di domenica scorsa, una positiva ed una negativa. Quella positiva è che fortunatamente Marine Le Pen sembra avere poche possibilità di vincere al ballottaggio del 7 maggio. Quella negativa è che se il futuro presidente nei prossimi cinque anni non s’impegnerà a risolvere il problema del terrorismo islamico e la crisi economico-sociale in cui versa il paese, la vittoria di Le Pen nel 2022, o chi per lei, è quasi certa. Lo stesso si potrebbe prevedere per gli altri stati europei.
Da quanto emerge dalla sociologia dell’elettorato queste elezioni hanno mostrato uno scenario analogo a quello della Brexit e delle elezioni statunitensi di novembre: le zone rurali, i ceti meno abbienti e gli individui con un basso livello di istruzione hanno privilegiato il Front National mentre le aree urbane, i professionisti e gli individui con un livello d’istruzione superiore hanno votato per lo più Emanuel Macron o gli altri candidati.
Con la sola differenza che i giovani elettori hanno diviso il voto tra i due estremi, Jean-Luc Mélenchon e Marine Le Pen, così come alcune zone tradizionalmente operaie e “rosse” come il Pas-de-Calais e le Boches-du-Rhone. In generale comunque il sud-est e il nord-est, ad eccezione dell’Ile de France, sono le aree dove il Front National ha riscosso più voti, e le stesse dove è presente una forte componente migratoria e musulmana.
Parigi si discosta da questa realtà, nella città cosmopolita per eccellenza e più volte esposta e sensibile al rischio di attentati, tra cui quello del Bataclan, Le Pen non ha raggiunto neppure il 5%. A Parigi non ha vinto la paura. “Paris, c’est la France”… e forse è una speranza.
Francesco Moises Bassano
(28 aprile 2017)