melamed, risorgimento – Diari: due ragazzi raccontano
I sentimenti, le abitudini, i pensieri di Giuseppe Luzzatto e Amalia Cantoni, negli anni in cui si realizza l’Unità d’Italia, sono al centro dei Diari risorgimentali: due ragazzi ebrei si raccontano. Fresco di stampa per Salomone Belforte & C., il volume, curato da Clotilde Pontecorvo e Asher Salah, è stato presentato per la prima volta in pubblico, a Ferrara, su iniziativa del Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah, in collaborazione con la Comunità ebraica e con la libreria Sognalibro, che ha ospitato l’appuntamento.
Il diario della veneziana Amalia Cantoni (1846-1931), sorella dello scrittore Alberto e zia in secondo grado della scrittrice Laura Orvieto, descrive un soggiorno di vari mesi, tra il 1863 e il 1864, a Pomponesco, nel contado mantovano. Quello del padovano Giuseppe Luzzatto (1849-1916), figlio dell’ebraista Samuel David, contiene invece il resoconto di due viaggi a Gorizia, Trieste e Venezia, avvenuti tra il 1861 e il 1862.
Come sottolinea Simonetta Della Seta, Direttore del Meis, “il lavoro di Pontecorvo e Salah, oltre a parlare di due grandi famiglie ebree italiane, è emozionante per le sue stratificazioni: c’è l’analisi storica, quella pedagogica, quella sociologica e quella linguistico-letteraria. Ci sono due giovani che vivono distanti e i cui diari sono conservati rispettivamente a Firenze e a Gerusalemme; eppure, leggendo i loro scritti, sembra quasi che si siano conosciuti”.
Questa molteplicità di livelli di lettura è il valore aggiunto del libro di Pontecorvo e Salah, prezioso e raro innanzitutto perché gli esempi di scrittura bambina nell’Ottocento sono stati spesso condannati all’oblio, specialmente quelli di piccoli ebrei. “Abbiamo raccolto una testimonianza eccezionale – conferma Asher Salah, storico dell’ebraismo italiano, specializzato nell’epoca dei Lumi e del Risorgimento, e professore associato all’Accademia di Belle Arti Bezalel e all’Università Ebraica di Gerusalemme –: documenti di questo tipo sono quasi inesistenti, tranne, ad esempio, “Il giornale di Emanuele”, redatto da Emanuele Levi nel 1821, e i quaderni delle sorelle veneziane Letizia ed Elena Pesaro Maurogonato. Ed è un vero peccato, perché ci danno accesso alla pratica religiosa, alle letture, alle frequentazioni e alla dimensione privata di un’età – la pre-adolescenza – di cui sappiamo pochissimo”.
Ciò che i diari fanno emergere è che sulle vite e le parole di Amalia e Giuseppe, che quando scrivono hanno all’incirca 16 e 11 anni, incide fortemente la differenza di genere. “Che iattura, per una donna, crescere nell’Ottocento!”, è l’amara battuta con cui fotografa questa condizione Clotilde Pontecorvo, tra i maggiori esperti italiani nella ricerca sugli esordi della lingua scritta, l’interazione sociale a scuola, la formazione degli insegnanti e la didattica delle scienze sociali, nonché professoressa emerita di Psicologia dell’Educazione alla Sapienza di Roma. “Giuseppe esce spesso da solo e con gli amici – spiega Pontecorvo –, interagisce anche con le bambine, dedica parecchio tempo ai giochi di società, agli scacchi, alle bocce, alla tombola e alle letture (Ariosto, Tasso, Hugo), ed è irriverente un po’ verso tutti, tanto da qualificare come insetti le persone che non gli piacciono. Amalia, invece, cuce, cucina, suona il piano, al massimo legge la “Vita di Gesù” di Renan e non nomina mai altri uomini, fuorché il padre e il fratello. È orfana da quando aveva 7 anni e si occupa delle sorelline, riconosce i loro sentimenti, cerca di farle studiare e divertire, e si sente in colpa quando pensa di non farlo bene”. Ad accomunare i due ragazzi, in definitiva, c’è quasi solo la passione per il teatro (Verdi, in particolare), ma pure questa non ha la stessa coloritura per entrambi e si connota, nel caso di Giuseppe, come influenzata dai venti risorgimentali.
Il differente grado di libertà di Cantoni e Luzzatto si traduce, inoltre, nella diversa misura in cui i loro testi aderiscono ai criteri letterari di genere. “Quello di Giuseppe, oltre ad essere una relazione di viaggio giorno per giorno – chiarisce Salah –, include prove di scrittura, esercizi di stile, calcoli matematici, disegni, come quello dell’Italia, e il registro dei libri dati in prestito e restituiti alla biblioteca paterna. È una sorta di zibaldone, insomma, di scartafaccio”. “E comprende – aggiunge Pontecorvo – una parte “cherubinesca”, nel senso che mi ricorda il Cherubino de “Le nozze di Figaro”: venti pagine di poesie, in settenari, in omaggio ad alcune signore. Versi probabilmente raccolti per averli pronti al momento giusto. Del resto, a quei tempi, i manuali di “Esempi di bella prosa e di bella poesia” erano piuttosto in voga”. Più facilmente classificabile il “Giornale ebdomadario” della Cantoni, che racconta soprattutto lo scorrere della quotidianità a Pomponesco, con Amalia relegata nella cerchia e nelle routine familiari, e orientata nelle letture dal fratello Alberto.
È il diario di Giuseppe a portare le tracce di una triplice emancipazione, come ricorda Salah: “Emancipazione nazionale, con la proclamazione del Regno d’Italia appena cinque mesi prima che i Luzzatto – padre e figlio – si mettano in viaggio attraverso il Veneto e il Friuli; poi, emancipazione della minoranza ebraica, che procede a tappe, nelle diverse regioni, dal 1848 al 1870, e a cui corrisponde la fine della lingua ebraica come codice predominante di scambio culturale, sempre più incalzata dall’italiano, dal francese e dal tedesco; quindi, la transizione dall’infanzia all’età adulta”.
Nella formazione di Giuseppe ci sono il Risorgimento e la Torah, l’inno di Garibaldi mandato a memoria insieme agli inni sacri, gli echi di un ambiente aperto a varie sollecitazioni culturali e politiche: “Il padre tende al conservatorismo, ma riceve giornali anti-austriaci – prosegue Salah –. I Luzzatto sono praticanti ortodossi e la giornata di Giuseppe è sempre scandita da tre preghiere, ma da alcuni passaggi del suo diario emergono delle incongruenze, degli scarti tra la lived religion e il dogmatismo, in una fase in cui, d’altro canto, avveniva una riformulazione dell’ebraismo, dell’identità di ebreo”. Nelle righe di Amalia, invece, la situazione politica trapela assai meno e i riferimenti all’ebraismo non vanno oltre l’Hanukkà.
“Disparità comunque illuminanti – conclude Pontecorvo –, che ci dicono moltissimo di chi scrive. Ecco perché, visto che conosciamo così poco i ragazzi di oggi, sarebbe importante che i loro genitori, nonni o insegnanti li esortassero a tenere un diario, a parlare di loro stessi”.
Daniela Modonesi
(28 aprile 2017)