Roma, la festa di Yom HaAtzmaut
“Sessantanove anni di amore”
La celebrazione di un grande miracolo della contemporaneità. Nonostante le insidie di tanti, nonostante le minacce di molti. “Non ci faremo mai rubare questa festa e tutto questo amore” spiega dal palco allestito all’interno del Palazzo della cultura la Presidente della Comunità ebraica romana Ruth Dureghello.
Musica, bandiere e tanto entusiasmo per la festa di Yom HaAtzmaut – l’anniversario per i 69 anni dalla nascita dello Stato di Israele – celebrata al Portico d’Ottavia insieme all’ambasciata dello Stato ebraico e a tanti amici.
Dal palco, dopo una cerimonia in sinagoga condotta dal rabbino capo Riccardo Di Segni, intervengono anche la Presidente UCEI Noemi Di Segni, gli ambasciatori Ofer Sachs (che rappresenta lo Stato di Israele in Italia) e Oren David (che invece lo rappresenta presso la Santa Sede), la sindaca Virginia Raggi, l’assessore regionale Guido Fabiani.
Sottolinea nell’occasione la Presidente Di Segni: “Israele, cui gli ebrei di tutto il mondo guardano con emozione e orgoglio, rappresenta solo un punto sulle carte geografiche. Si può essere un intero continente buio e si può invece essere un solo punto che unisce più continenti. Un punto di luce che brilla e illumina il mondo intero”.
Orgoglio condiviso dall’ambasciatore Sachs, che ha ricordato il fondamentale contributo delle Comunità della Diaspora “per far progredire e crescere tutto il paese”. Un paese che, ha osservato, dalle origini ad oggi ha fatto dei passi giganteschi avanti ed è diventato un punto di riferimento in molti campi.
“Il mio augurio per Israele è quello di una pace equa, vera e duratura” ha affermato la sindaca Raggi. Nelle sue parole anche un riferimento ai nuovi venti di odio che spirano in Europa e alla necessità di reagire con forza a questa minacce.
Spazio poi alla musica, prima con l’esecuzione degli inni nazionali israeliano e italiano (a tenere la bandiera dello Stato ebraico c’era tra gli altri anche la sindaca Raggi), quindi con una vera e propria gara canora che ha visto protagonisti i diversi movimenti giovanili ebraici e il dipartimento Educazione e Giovani.
Di seguito l’intervento tenuto dalla Presidente Di Segni:
Nell’ora del crepuscolo che vede la conclusione del Giorno del ricordo e dell’omaggio a tutti coloro, civili e militari, che per la libertà e la sicurezza di Israele hanno donato la propria vita, si avvia il giorno di festa per la l’indipendenza dello Stato di Israele e della sua Capitale Gerusalemme. Della nostra Israele e della nostra Gerusalemme.
Israele, cui gli ebrei di tutto il mondo guardano con emozione e orgoglio, rappresenta solo un punto sulle carte geografiche. Si può essere un intero continente buio e si può invece essere un solo punto che unisce più continenti. Un punto di luce che brilla e illumina il mondo intero.
In questi anni di indipendenza Israele è enormemente cresciuto. Il numero degli abitanti che nel 1948 era di 872 mila persone (di cui 716 mila ebrei), supera oggi gli otto milioni (di cui oltre sei milioni di ebrei). Un numero di realtà produttive e centri di ricerca inimmaginabile nel sogno dei Padri fondatori.
Oggi le Comunità ebraiche Italiane si uniscono coralmente alle celebrazioni del sessantanovesimo anniversario di Israele: una Terra promessa, un Paese e una Patria del popolo ebraico. Uno Stato giovane e pieno di vita che trae dal suo plurimillenario passato la forza, il coraggio e l’orgoglio di guardare al proprio futuro. Una Nazione che sussurra le sue preghiere e intona oggi ancora una volta il suo inno.
Proprio per questo voglio elevare l’auspicio che assieme a noi, che abbiamo l’animo rivolto da e verso Israele, da e verso Gerusalemme, tutti gli altri popoli si uniscano ai nostri sentimenti e comprendano quanto siano essere uno snodo insostituibile di vita e di sicurezza, di cultura e di sviluppo, di valori e convivenza, oggi e domani. Un domani da condividere con quello di molte regioni nel mondo, se non negassero la nostra storia e la nostra realtà.
In quest’ora di passaggio ai festeggiamenti condivido con voi le parole di una preghiera, una lirica di Tirza Birghel, kibuz shaar hagolan
Dacci la forza di trasportare tremanti, sulle nostre braccia
Il vassoio d’argento – la gloria dei nostri figli
Dacci la forza – di gioire
E di piangere – fino allo sfinimento
Dacci la forza di contenere dentro all’unico cuore
L’ebbrezza della gioia immensa e le mille disperazioni
Dacci la forza di guardare negli occhi le vedove nel loro lutto
Assistere in silenzio dinanzi al loro infinito dolore
Dacci la forza di dimenticare
La vendetta e il sangue
Dacci la forza di tornare dal carro armato verso un giorno feriale e un giorno di festa
Di seminare il grano del domani nel campo della battaglia di ieri.
Noemi Di Segni, Presidente UCEI
(2 maggio 2017)