Setirot – Legge e legalità
Leggo l’interessante supplemento che La Rassegna Mensile di Israel ha voluto dedicare agli atti del convegno “Legge e legalità. Le armi della democrazia – Dalla memoria della Shoah a una integrazione dei diritti dell’Uomo dell’Unione Europea” (gennaio 2017). Un lungo passaggio della relazione di Haim Baharier dedicata ai diritti dell’uomo nella tradizione ebraica mi colpisce e mi interroga. Perché, riguardo alla Memoria, se da un lato Baharier sottolinea questo impegno cardine della nostra tradizione, ch’è anche portatrice di una sua profonda e specifica peculiarità, dall’altro sembra condividere, a modo suo, talune critiche che da anni alcuni di noi rivolgono ai rituali del 27 gennaio. In quel “a modo suo” ci sta tutta la dirompente perenne “provocazione” che l’ermeneuta biblico elargisce a piene mani. (Di fonte alla quale, personalmente, ogni tanto rimango scioccato e non riesco a condividere, come quando – leggerete qui sotto – sostiene che quanto accade oggi con le visite ai campi di sterminio sia «una vergogna»).
«Ogni anno, festeggiamo l’uscita dalla schiavitù, a Pesach (…)» Vorrei ricordarvi, e dico questo per quanto riguarda il Giorno della Memoria, vorrei ricordarvi che durante la sera di Pesach il tempo dedicato alla memoria della schiavitù è quantificabile in quattro righe: non di più. Ci vogliono tre minuti per raccontare duecentodieci anni di tentato etnocidio. Quattro righe, non di più. E questa economia fa sì che il popolo, dopo quasi quattromila anni dai fatti, continui a ricordare. Che cosa ricorda il popolo d’Israele? Il popolo d’Israele non porta i suoi figli in visita ad Auschwitz, né vuol portare i figli di nessuno ad Auschwitz, non credo proprio, perché è una fiera orrenda, io ci sono stato tre volte (i suoi genitori sono entrambi sopravvissuti al Lager, ndr), è una vergogna secondo me quello che succede lì oggi. Il popolo d’Israele narra le modalità dell’uscita dalla schiavitù: come si diventa uomo libero, un essere responsabile (…). È importante insegnare a tutti quanto è malefica, quanto è letale questa scorciatoia della “vittima che diventa carnefice”: seguite il mio sguardo verso il Medio Oriente. È questo che bisogna enfatizzare, che bisogna far capire. Bisogna far capire perché le statistiche dicono, senza possibilità di sbagliare, che ogni genitore maltrattante è stato un bambino maltrattato; bisogna capire il perché, bisogna capire la profondità del fenomeno. Io credo che questo debba essere il significato della Giornata della Memoria».
Stefano Jesurum, giornalista
(4 maggio 2017)