Roma – Menorà. Culto, storia e mito
Sette bracci, simbolo d’identità

“Dopo una gestazione di quattro anni, iniziata quasi casualmente da un incontro con Arnold Nesselrath, oggi finalmente inauguriamo la mostra ‘Menorà. Culto, storia e mito’, che esprime un altissimo valore storico e artistico, insieme a una potente carica simbolica e identitaria”.
Alessandra Di Castro, direttrice del Museo Ebraico di Roma, introduce così la presentazione alla stampa dell’allestimento nato dall’inedita collaborazione con i Musei Vaticani: rievocando un incontro “fatale” con il delegato per i Dipartimenti Scientifici e i Laboratori di Restauro dei Musei della Santa Sede, proprio come fatale è stata la Menorà per Roma: la città è, infatti, l’ultimo punto d’approdo storicamente documentato del candelabro a sette bracci fatto forgiare in oro puro da Mosé e destinato al primo Tempio di Gerusalemme, per espresso volere del Signore, come narra il libro dell’Esodo, prima che la sacra lampada riprendesse il suo inquieto e sofferto peregrinare plurimillenario non solo tra due poli geografici – Gerusalemme a Oriente e Roma a Occidente, ma anche tra mito e leggenda.
lastre con epitaffiL’esposizione curata, coordinata e diretta proprio da Nesselrath, Di Castro e Francesco Leone, docente di Storia dell’Arte Contemporanea all’Università D’Annunzio di Chieti-Pescara, è scandita da oltre 130 opere, una decina delle quali sono ospitate al Museo ebraico capitolino. Tra queste, l’olio su tela “La distruzione del Tempio di Gerusalemme” di Nicolas Poussin (1625-26), un elmo gladiatorio in bronzo del I sec. e.v., diverse lastre marmoree con epitaffi, Menorà e altri emblemi ebraici, risalenti al III-IV sec. e.v., una coeva lapide funeraria del sofèr Noumenis, proveniente dalle catacombe ebraiche di Vigna Randanini, un rarissimo vetro di epoca romana decorato in oro e la Bibbia con la mesorà e il sefèr Haniqud di Rabbi David Kimhi, datata al 1299-1300.
La mostra resterà aperta fino al 23 luglio 2017 nelle due sedi del Museo Ebraico di Roma e del Braccio di Carlo Magno, in Vaticano.

Daniela Modonesi

(15 maggio 2017)