Trump e i segreti rivelati ai russi La fonte erano i servizi d’Israele
Ampio spazio sui principali quotidiani italiani (Repubblica, La Stampa e Corriere) per le rivelazioni fatte dal presidente Usa Trump alla Russia riguardo notizie di intelligence altamente riservate. Durante un incontro a Washington, infatti, Trump ha condiviso con il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, e l’ambasciatore russo negli Stati Uniti, Sergei Kislak, informazioni considerate top secret: ovvero dettagli su come i servizi segreti americani sono venuti a conoscenza del fatto che l’Isis stesse preparando attentati sugli aerei usando i computer come bombe. Fonte indicata dai media, i servizi segreti israeliani che, spiega il Foglio, non hanno preso bene la notizia della decisione di Trump di rivelare ai russi quanto sapeva. Il Mossad (o comunque il servizio di intelligence coinvolto ) non aveva autorizzato gli americani, scrive Repubblica, a passare la notizia ai russi, tanto più che nel farlo si poteva tradire la fonte primaria, una talpa in seno all’Isis. E, dopo aver parlato con diversi funzionari ed ex funzionari americani, ABC News ha scritto che secondo la loro opinione “questa notte la vita di una spia israeliana all’interno dell’Isis sarà a rischio”, per via delle azioni di Trump. L’Associated Press, ha scritto che “un alto funzionario di un servizio segreto europeo” ha riferito, a patto di mantenere l’anonimato, che il suo Paese potrebbe smettere di scambiare notizie con gli Stati Uniti, “perché potrebbe essere pericoloso per i nostri informatori”. Atteggiamento che potrebbe essere condiviso da altre realtà di intelligence, tra cui quella israeliana.
La Carta delle Responsabilità 2017. Corriere della Sera riporta dell’iniziativa di Gariwo, ovvero la presentazione di una carta di valori (Carta delle Responsabilità) da far sottoscrivere a istituzioni e persone comuni perché vi sia un impegno condiviso contro xenofobia, nazionalismi, terrorismo, contro la violenza del confronto politico e in generale contro la “cultura dell’odio”. Il documento sarà presentato domani al Teatro Franco Parenti da Gabriele Nissim, presidente dell’associazione Gariwo, la foresta dei Giusti, nonché ideatore del progetto, e da Andrée Ruth Shammah, direttrice del Parenti. Primo firmatario della Carta, il sindaco Giuseppe Sala, a cui si sono affiancati, riporta il Corriere, la ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, il presidente della Fondazione Corriere della Sera, Piergaetano Marchetti, la presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Noemi Di Segni, e altre personalità della cultura e della società.
Firenze-Assisi, nel nome di Bartali. I ciclisti della Israel Cycling Academy hanno percorso ieri la tratta Firenze-Assisi per ricordare Gino Bartali. I gruppo, spiega sul Corriere Fiorentino Adam Smulevich, “ha affrontato la ‘strada del coraggio’. E cioè il movimentato tratto da Firenze ad Assisi che Gino Bartali affrontò più e più volte per portare assistenza agli ebrei perseguitati dal nazifascismo, offrendo loro la speranza di un possibile espatrio grazie ai documenti di identità falsi che nascondeva nella bicicletta e che venivano prontamente smistati tra Liguria, Toscana e Umbria”. Sul quotidiano toscano, anche un brano dal libro Gino Bartali e i Giusti toscani di Alfredo De Girolamo, in cui si raccontano quelle vicende.
Sindaci, chiave per contrastare i terroristi. Nella sua dottrina antiterrorismo, il generale israeliano Nitzan Nuriel, research fellow all’Istituto internazionale per l’antiterrorismo di Herziliya, non mette polizia e intelligence al primo posto, – racconta Daniel Mosseri sul Foglio – ma i sindaci, che conoscono il territorio e hanno interessi diretti affinché tutto funzioni bene in termini di sicurezza. È per esempio il sindaco “che in poche ore mi può fornire dei camion per bloccare l’accesso ad alcune strade, facendo da barriera contro eventuali tir in corsa”, spiega Nuriel. Riguardo all’Italia, l’esperto afferma, “Avete servizi di intelligence e di polizia preparati, ma siete un paese molto naïf”. Secondo Nuriel esiste poi una tendenza italiana – da criticare – a trattare “un criminale o un innocente allo stesso modo” e, sul fronte internazionale, per il generale non è possibile che Roma mantenga una posizione poco decisa nei confronti di Erdogan, “che secondo me è parte del problema, mentre molti in Europa pensano sia parte della soluzione”.
Daniel Reichel twitter @dreichelmoked