…Trump
Nel film Ta’alat Blaumilch (Canale Blaumilch, latte blu, che potrebbe anche significare Biancoazzurro) di Efraim Kishon (1969), un uomo dal volto paonazzo e i capelli strani incomincia a scavare con un martello pneumatico in Rehov Allenby, all’epoca l’arteria principale di Tel Aviv. Dopo le prime proteste per il rumore, arriva una dritta che pare si tratti di un progetto, anzi di un importante progetto, un progetto che cambierà definitivamente la città, che renderà Tel Aviv la nuova Venezia del Medio Oriente. L’uomo continua a scavare fino al mare e il canale si riempie d’acqua. Le autorità prima sono contrarie, poi incerte, poi divise politicamente, infine allineate e in concorrenza nell’attribuirsi il merito del grande progetto. La polizia mette transenne protettive, arrivano riflettori, bandiere, si prepara la grande cerimonia di apertura con la banda. I politici si pavoneggiano della splendida iniziativa e si suddividono i dividendi dei suoi benefici. Finalmente un piccolo impiegato municipale scopre che lo scavatore dal volto paonazzo è solo un pazzo appena evaso dal vicino ospedale psichiatrico. Corre ad avvertire, ma nessuno gli crede. Intanto il pazzo, offeso perché non è stato invitato alla cerimonia di apertura, incomincia un nuovo scavo nella piazza del municipio di Tel Aviv. Il povero impiegato invece viene spedito in manicomio.
La prossima visita a Gerusalemme del Presidente Trump ricorda vagamente il precedente copione. Al momento della sua elezione Trump è stato accolto dagli ambienti governativi come una specie di Messia, un’occasione storica senza precedenti per far finalmente riconoscere la giusta causa di Israele e promuovere le sue politiche in Giudea e Samaria sulla tomba dell’ormai defunto stato palestinese e con l’ambasciata americana oramai installata a Gerusalemme. Inviati speciali e messaggeri creano canali speciali di comunicazione col Presidente per trasmettere le loro richieste messianico-territoriali. La visita di Trump in Israele è l’apoteosi di una nuova era di fervore politico e inizierà un abbraccio strettissimo fra Israele e Stati Uniti. L’euforia è alle stelle. E invece piano piano Trump prima quasi ignora il giorno della Shoah, poi fa capire che l’ambasciata per il momento rimarrà a Tel Aviv, poi dice con aria sorniona a Benjamin Netanyahu che anche lui dovrà fare delle concessioni (“vero, Bibi?”), poi riceve Abu Mazen, poi lascia dire che il Muro del Pianto fa parte della Cisgiordania, e infine passa ai russi informazioni riservatissime dei servizi segreti israeliani. Qualcuno qui comincia a avere dei dubbi sull’uomo dal volto paonazzo e i capelli strani.
Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme
(18 maggio 2017)