Pagine Ebraiche al Salone di TorinoCosa ci insegna Primo Levi
Tra i protagonisti della trentesima edizione del Salone del Libro di Torino, uno scrittore che tanto ha dato al panorama culturale internazionale, scomparso proprio trent’anni fa: Primo Levi. A lui sono dedicate numerose iniziative all’interno del programma della rassegna tra cui l’importante incontro promosso dalla Comunità ebraica di Torino – all’interno del programma di Salone Off – e tenutosi ieri nelle sale comunitarie di piazzetta Primo Levi: al centro, non tanto le opere dell’autore, quanto tre realtà associative che gravitano, in modi articolati e differenti, attorno alla sua figura. Si tratta del Centro Internazionale di Studi Primo Levi di Torino, il Centro Primo Levi di New York e infine il Centre Primo Levi di Parigi, riuniti proprio nel contesto del Salone in un stand per creare un’occasione di dialogo e approfondimento attorno a una delle figure più emblematiche e inafferrabili del Novecento. “Nel nome di Primo Levi” quindi il titolo scelto per la serata a cui hanno partecipato i rappresentanti dei diversi centri, Fabio Levi per Torino, Alessandro Cassin per New York e due esponenti per il centro di Parigi. A introdurre gli ospiti Dario Disegni, presidente della Comunità ebraica di Torino.
Fabio Levi ha spiegato le attività del Centro che dirige proprio a partire dalle parole di Nichel, in cui lo stesso autore parla di verità parziali che richiedono di assumersi comunque delle responsabilità. Il Centro Internazionale di Studi Primo Levi di Torino cerca di prendersi delle responsabilità declinate in diverse forme: dal mettere al sicuro l’opera leviana alla raccolta, ordinamento e messa a disposizione del pubblico della bibliografia sempre più ampia e del materiale documentario. Altro livello: farsi mediatori tra l’opera e i suoi lettori, impegnandosi a trovare strumenti adeguati per facilitarne una relazione diretta. Altro ambito è quello della didattica, accanto alla ricerca che sfocia ogni anno nel format “Lezioni di Primo Levi” – dedicata quest’anno al rapporto tra Levi e i tedeschi e curata dalla studiosa Martina Mengoni (nell’immagine, l’incontro odierno al Salone del Libro con Domenico Scarpa e Fabio Levi) -. Il centro parigino invece si accosta a Primo Levi in chiave simbolica, emerge il Levi superstite davanti al male profondo. Infatti il Centre è un’associazione che accoglie gli esuli che hanno subito torture fisiche e psichiche nel proprio paese di origine. Il Centre cerca di aiutare le vittime di violenza offrendo loro diverse forme di supporto: si tratta infatti di una realtà articolata dove medici, psicoterapeuti, psichiatri, traduttori, assistenti sociali e giuristi lavorano a stretto contatto per poter offrire un supporto quanto più completo alle vittime. Diversi quindi gli approcci, tra cui quello di far mettere per iscritto alle vittime le proprie esperienze: scrittura come canale di rielaborazione, dalla favola all’intervista in un percorso che in alcuni casi può aiutare ad elaborare il trauma fino a farlo diventare reale e così renderlo superabile. Infine a intervenire è Alessandro Cassin, che spiega come il Centro di NY sia nato nel 1989 come piccola organizzazione. Il lavoro principale che svolge il Centro è di “tessitura”, così lo ha definito lo stesso Cassin, di “intreccio” tra la storia degli ebrei in Italia e l’opera di Primo Levi, due aspetti che molto spesso si muovono su assi diversi e rischiano di non toccarsi, eliminando così una parte centrale di Levi, in quanto torinese, in quanto ebreo, in quanto italiano. Altra “tessitura” si crea tra il centro americano e gli studiosi italiani, per consentire uno scambio reciproco in costante riformulazione e crescita affinché i diversi punti di vista sull’universo leviano non vadano persi , ma anzi si alimentino in un confronto critico.
Alice Fubini
(19 maggio 2017)