Da carcere a museo, la sfida del Meis

Una rivoluzione dolce, ma al contempo radicale. Dolce per l’armonizzazione con il contesto, radicale per la virata nella destinazione d’uso. È quella che, passo dopo passo, con un cantiere che pulsa spedito e un disegno che prende forma in modo sempre più tangibile, sta avvenendo al Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah, a Ferrara.
Del suo passato, presente e futuro si è parlato ieri pomeriggio in un incontro aperto al pubblico, in occasione della Giornata internazionale dei musei, promossa da ICOM e declinata dal MEIS con il titolo “Trasformare un carcere in un museo”.
In una prima fase, i visitatori, accorsi in un buon numero, hanno potuto accedere al sito in cui sta sorgendo il Museo e vederne lo stato di avanzamento, sotto la guida dell’architetto Carla Di Francesco, Responsabile unico del procedimento, e dell’ingegnere Angela Ugatti, Direttrice dei lavori.
In seguito, nel giardino del MEIS, la curatrice Sharon Reichel ha coordinato il dialogo tra Anna Maria Quarzi, Presidente dell’Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara – ISCO, Carla Di Francesco e Roberta Fusari, Assessore all’Urbanistica del Comune di Ferrara, che hanno illuminato da diverse prospettive l’ex penitenziario cittadino, attivo dal 1912 al 1992.
La Presidente di ISCO si è soffermata sulla reclusione, dagli anni Trenta in avanti, di alcune figure emblematiche di antifascisti – ebrei e dissidenti politici –, che fecero della prigione un vivaio di idee di libertà, come successe a Ventotene: dalla maestra socialista Alda Costa, che Sandro Pertini non mancava di menzionare tra le più importanti esponenti dell’antifascismo, al gelataio comunista Gigetto Calderoni. Erano entrambi degli habitué dell’istituto di pena e infatti, nella tragica retata della lunga notte del ’43, furono gli unici ad arrivare in Via Piangipane con la valigia, che tenevano sempre pronta. Con loro vennero rastrellate oltre settanta persone, tra le quali il magistrato del re Pasquale Colagrande, che aveva solo 32 anni e fu riconosciuto colpevole di aver disposto la liberazione di tutti i detenuti politici. All’alba del 15 novembre, lui e l’avvocato socialista Ugo Teglio caddero, insieme ad altri, davanti al muretto del Castello Estense, sotto i colpi dei fucili fascisti, mentre l’appena quindicenne Corrado Israel De Benedetti, incarcerato in quanto ebreo, riuscì a salvarsi.
Come ha ricordato Quarzi, “gli oppositori della dittatura furono internati a partire dal 1927, subito dopo l’emanazione delle leggi fascistissime, che toglievano ogni tipo di libertà, e la situazione non migliorò certo con l’insediamento della Repubblica di Salò. Fino al luglio del ’43, circa 180 ferraresi vennero condannati dal Tribunale Speciale. E parecchi di questi, specie nel triennio 1940-42, erano studenti, come i sedici catturati per le frasi antifasciste scritte sui negozi. A Giorgio Bassani toccò nel maggio del ’43, per aver attaccato dei manifesti. Un’esperienza, quella della reclusione che, come scrisse ai familiari, gli procurava profonda noia e malinconia e che solo la rilettura dei classici leniva un po’”. L’11 giugno la stessa sorte colpì sua cugina Matilde, poi passata nelle file dei partigiani, a Roma. Aveva affisso qualche locandina in memoria dell’uccisione di Giacomo Matteotti e l’episodio bastò a farla trarre in arresto, subire interminabili interrogatori, dover assistere alla bastonatura di ladre e prostitute senza poter reagire, per non peggiorare la situazione.
Vicende che non hanno più molto a che vedere con il MEIS, come ha spiegato Di Francesco: “La sede dell’ex carcere è stata scelta nel 2008, suscitando reazioni all’inizio anche un po’ tiepide, specie da parte di chi avrebbe preferito la realizzazione di un Museo ex novo, senza già una storia alle spalle. La sfida di volgere una prigione – emblema di chiusura per antonomasia – nel suo contrario, cioè in un luogo aperto, è senz’altro impegnativa”.
In genere, si sceglie un edificio in funzione della sua vocazione a particolari utilizzi, ma nel caso del MEIS le cose sono andate diversamente. “Abbiamo ragionato in modo da mantenere un senso urbano all’ex penitenziario – prosegue la RUP –, conservandone un pezzo significativo, ovvero il corpo di fabbrica che stiamo terminando e che verrà inaugurato il 13 dicembre, con la grande mostra sui primi 1.200 anni di presenza ebraica in Italia”. Quella sezione – che tra ristrutturazione, adeguamento e rimodulazione vale circa 8 milioni di euro, comprese le nuove fondazioni, le operazioni di abbattimento di parti superflue e lo smaltimento di macerie e rifiuti speciali – è rappresentativa della tipologia carceraria inaugurata da Carlo Fontana nel 1703, a Roma, con la casa di correzione San Michele: un carcere stretto e lungo, dotato di corridoi e di un ballatoio su cui affacciano le celle. Una formula poi rivista e resa più complessa nelle versioni ottocentesche a panopticon, come San Vittore e Regina Coeli, con una cappella centrale verso cui convergono i bracci.
Gli obiettivi dell’Amministrazione – riutilizzare la prigione e renderla un luogo permeabile a persone e idee, percorribile da tutte le parti – si sono tradotti, nel 2011, in un concorso per la progettazione del MEIS e i vincitori li hanno colti appieno, prevedendo, ad esempio, dei varchi sui muri perimetrali, per ritmare il passaggio tra spazi interni ed esterni.
Costo complessivo dell’operazione: circa 45 milioni di euro, a garanzia di un hardware tecnologicamente e funzionalmente calibrato sulla nuova funzione. “Senza dimenticare che siamo a Ferrara – conclude Di Francesco –: l’estrema modernità della realizzazione architettonica e la veste con le facciate vetrate si relazioneranno bene all’intorno piuttosto minuto. Infatti i nuovi fabbricati – quello verso Rampari San Paolo (da cui si entrerà, con bookshop e ristorante) e quello destinato all’area espositiva e all’auditorium – saranno caratterizzati da elementi rettangolari a lame, sfalsati in pianta e ad altezze diverse, che non supereranno mai quelle dell’edilizia circostante”.
“Per come sta procedendo, è un percorso davvero poco italiano”, ha commentato Roberta Fusari, Assessore all’Urbanistica del Comune di Ferrara. “L’apertura delle buste del bando è stato uno dei momenti più emozionanti della scorsa legislatura: 53 studi internazionali avevano analizzato la nostra città e lì abbiamo capito che stavamo facendo la storia, ma “alla ferrarese”: legandoci armoniosamente alla cultura, all’architettura, al vissuto di Ferrara”.
Ora c’è il finanziamento per tutti e quattro i corpi del MEIS e, nel frattempo, va avanti la riqualificazione dell’area dell’ex Mercato Ortofrutticolo e della Darsena, “quinte” del Museo, grazie anche ai 18 milioni di euro in arrivo dal Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie. “Puntiamo a espandere il centro storico, mantenendone la qualità architettonica fino al fiume. E, non a caso, lo studio che si è aggiudicato il progetto ha vinto un premio sulla sostenibilità urbanistica: è stato tra i primi ad adottare criteri nuovi di orientamento, soleggiamento, aerazione, puntando a una migliore fruizione dei luoghi”.
Ciò comporterà di affrontare rilevanti interventi infrastrutturali (parcheggi, fognature, luce, acqua, gas), di valorizzare con una segnaletica adeguata questa zona, di legare tra loro poli attualmente distanti. “La città intorno – sintetizza Fusari – dovrà essere all’altezza del nascente Museo Nazionale, che diventerà una grande porta da cui visitare e conoscere Ferrara con lenti speciali”.

Daniela Modonesi

(22 maggio 2017)