Tripoli, il racconto dei giovani
Una sala gremita ha accolto il racconto di dieci giovani, protagonisti del nuovo format “Memorie tripoline” che al Centro Ebraico Il Pitigliani ha portato in scena le storie, le memorie e le passioni degli ebrei di Libia costretti a lasciare il loro paese 50 anni fa. Un racconto a più voci, ispirato dall’ormai tradizionale “Memorie di famiglia” che ogni gennaio chiama a raccolta centinaia di persone sul tema della Memoria, che è stato brillantemente condotto da Karen Hannuna e Nando Tagliacozzo con intervento di saluto della presidente della Comunità ebraica romana Ruth Dureghello e accompagnamento musicale di Evelina Meghnagi, Emanuele Levi Mortera, Arnaldo Vacca e del Pitigliani Vocal Project (coro dei bambini).
Ha sottolineato Giordana Menasci, curatrice dell’evento assieme ad Anna Orvieto. “I giovani tramandano le storie dei nonni: questa è la formula che da sei anni promuoviamo e attuiamo con Memorie di famiglia per il Giorno della memoria; decine di ragazzi ogni anno salgono sul nostro palco per leggere la storia dei propri familiari, diventando protagonisti ed ereditando il ruolo di testimone. L’oggetto delle letture sono estratti di diari, corrispondenze, documenti ufficiali di cui sono protagonisti o autori i nonni e che riguardano il periodo della Shoà. Grazie alla lettura e alla consegna in capo al nipote di un ricordo il giovane diventa protagonista, parte della storia e incaricato della trasmissione di ciò che è accaduto nel passato. Ma questa formula è universale ed applicabile a qualsiasi contesto socio-culturale che ha un passato che merita di essere ricordato”.
In occasione del cinquantenario della fuga degli ebrei di Libia, è apparso quindi naturale estendere questo format non soltanto per ricordare ma anche per approfondire la storia di questa Comunità. L’esperienza familiare, ha osservato Menasci, mi ha fatto constatare che nelle case di ogni tripolino si respira la nostalgia per la terra abbandonata, per i profumi e per i sapori. Ma quella di cui si parla è una “nostalgia creativa”, dove il ricordo serve a ricostruire ma mai ad auto compiangersi.
(22 maggio 2017)