Gran Bretagna, massima allerta dopo la strage di Manchester
Il livello di allerta nel Regno Unito è stato alzato a “critico”, ovvero il più alto possibile, dopo l’attentato suicida di Manchester di lunedì in cui sono state uccise 22 persone e 59 sono rimaste ferite. “Un altro attacco potrebbe essere imminente”, ha avvertito la premier britannica Theresa May in televisione, riporta il Corriere. L’attentato è stato rivendicato dall’Isis e a farsi esplodere nella Manchester Arena è stato un giovane inglese di origini libiche, Salman Abedi, 22 anni. Le autorità indagano per capire se avesse dei complici: “il capo della polizia di Manchester, Ian Hopkins, ha fatto intendere di credere sempre meno alla teoria del ‘lupo solitario’ – spiega il Corriere, descrivendo la figura del terrorista – e propende invece per quella di un gruppo organizzato e legato all’Isis, dove qualche esperto di esplosivi gli ha consegnato l’ordigno infarcito di pezzi di ferro”. Il Messaggero parla di “intelligence nel mirino” per non essere riuscita a fermare la strage il cui bersaglio erano ragazzi giovanissimi, andati ad ascoltare il concerto della cantante Ariana Grande.
Manchester, la risposta della città. Repubblica racconta sia lo strazio dei famigliari delle piccole vittime dell’attentato terroristico, costretti ad andare negli ospedali per identificare i corpi, sia la risposta della città all’attacco. “Nel pomeriggio ad Albert Square, dopo l’attentato di lunedì sera, – racconta il quotidiano – è sorta una veglia luttuosa, straziante e affollatissima, intorno a un municipio che pensa di essere il Big Ben. Studenti, atei, musulmani, ebrei, cristiani, famiglie, vecchi. Molti ripetono questa parola: comunità”. Della città parla anche lo scrittore britannico Howard Jacobson in un editoriale pubblicato dal New York Times (e tradotto da Repubblica). “I terroristi parlano di se stessi come soldati, ma in atti terroristici del genere entra in gioco qualcosa di simile al livore: le uccisioni sono indiscriminate, ma anche personali; la vita stessa, e il vivere che esemplifica la vita, sono i bersagli. – scrive Jacobson – In certo senso, quindi, Manchester, anche se ora appartiene a una lunga lista di città colpite dal terrorismo, può pensare di essere stata scelta appositamente. È una città che possiede un vigore raro. E una sala concerti è vicina al cuore di quel vigore”.
Trump e la ricerca del compromesso in Medio Oriente. Oggi a Roma (città blindata per l’occasione, scrive il Messaggero) e in Vaticano per incontrare rispettivamente il premier Paolo Gentiloni e Bergoglio, il presidente Usa Donald Trump lascia alle sue spalle la prima visita in Medio Oriente. Dopo aver incontrato il Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il leader palestinese Mahmoud Abbas, Trump ha affermato che “la pace è possibile” ma servono “compromessi” (Giornale). Come sottolineano tra gli altri Messaggero e Corriere della Sera, il presidente Usa non ha mai parlato pubblicamente della soluzione dei due Stati. “La pace non può mai mettere radici in un ambiente dove la violenza è tollerata, finanziata e persino premiata”, ha affermato Trump, parlando con Abbas. Dunque, scrive La Stampa ,“la precondizione per la ripresa delle trattative è la tolleranza zero per il terrorismo”. Il leader palestinese, ricapitola il quotidiano, “ha risposto che ‘noi non abbiamo un problema con il giudaismo, ma con l’occupazione’. Ha detto di essere favorevole ad un accordo, ma basato sulla creazione di due Stati lungo i confini del 1967, con Gerusalemme Est capitale di quello palestinese”.
Medio Oriente, la via sunnita. A prescindere dalle parole di Abbas, Trump vuole coinvolgere nel processo di pace i Paesi arabi del mondo sunnita, considerati la chiave per calmare il Medio Oriente: una politica, quella del presidente Usa, che piace all’analista israeliano Mordechai Kedar. Intervistato da La Stampa, Kedar spiega che Trump “a differenza di Obama, ha parlato rivolgendosi direttamente ai governi (dei paesi arabi) e chiedendo ai leader in sala di prendere misure energiche per combattere il terrorismo. È un uomo realista, che sa che gli accordi si stringono con i leader, che sono i governi a poter mettere in atto misure efficaci contro il terrorismo, e non certo parlando alle masse”. La questione della guerra al terrorismo, sottolinea Carlo Marroni sul Sole 24 Ore, sarà al centro anche del G7 di Taormina, ultima tappa estera di Trump. La presidenza italiana non voleva che il summit in Sicilia fosse monopolizzato “dal tema della sicurezza, intesa come lotta al terrorismo. – spiega Marroni – Ma la strage di Manchester ha mutato radicalmente la lista delle priorità”.
Roma, Ute Lemper e le melodie della Memoria. “Come tedesca nata dopo la guerra, sento la necessità di testimoniare la storia dell’Olocausto. Voglio non solo rendere omaggio alla cultura ebraica, ma anche stimolare il dialogo su un terribile passato”, così la cantante Ute Lemper spiega al Corriere Roma il suo spettacolo Songs for Eternity, di scena al Teatro Brancaccio della Capitale. “Lo spettacolo – spiega il giornale – è costruito con le canzoni scritte nei campi di concentramento da musicisti ebrei deportati, molti morti nelle camere a gas”.
Daniel Reichel twitter @dreichelmoked
(24 maggio 2017)