Diario del soldato
Chic e Shock
Se sia Chic o se sia uno Shock, ancora non si sa, ma una cosa è certa: l’abito indossato da Miri Regev (ministra della Cultura israeliana) alla settantesima edizione del Festival di Cannes, ha fatto discutere tutti. Ma proprio tutti. Persino chi da sempre sostiene i suoi modi eccentrici e poco convenzionali, questa volta ha storto il naso perplesso.
L’oggetto dell’acceso dibattito è un corpetto dorato valorizzato da pietre altrettanto scintillanti e un’ampia gonna perlata con sopra stampata la città vecchia di Gerusalemme, confezionato su misura per lei dallo stilista Aviad Arik Herman.
Il messaggio in realtà è semplice e ben in linea con le idee di Miri, da sempre note al grande pubblico: “Gerusalemme è una, ed è nostra.”
Sulla rumorosa piazza di Facebook c’è chi ha lodato il coraggio della ministra, la sua coerenza e il suo senso di appartenenza. C’è chi si è dichiarato a favore della sua manifestazione, orgoglioso della degna rappresentanza. C’è chi si è identificato e chi no, chi ha bocciato l’abito solamente per il suo aspetto pacchiano e chi lo ha bocciato invece per il significato profondo che esso porta con sé.
Tuttavia, la protagonista assoluta di questa disputa, non sono la ministra Regev e i suoi parametri di buongusto, bensì l’unica e insostituibile capitale dello Stato di Israele: Gerusalemme, che questa settimana festeggia cinquant’anni dalla sua riunificazione.
Cinquant’anni portati egregiamente, ancora capaci di accendere sogni ed emozioni, di alimentare conflitti e dialoghi.
Cinquant’anni di una storia cominciata secoli fa, e mai finita.
David Zebuloni
(26 maggio 2017)