Analisi scorretta – Inquietudini
Donald Trump è andato in Arabia Saudita e ha firmato un contratto per la fornitura di armi per 110 miliardi di dollari (forse diventeranno 350 MLD in 10 anni). Poi è volato a Tel Aviv e Netanyahu non ha mosso un ciglio per l’affare concluso tra americani e sauditi, quasi che i 110 miliardi di armamenti al più ricco Paese arabo non fosse un problema.
Che tra israeliani e sauditi esista un’alleanza di fatto, se non altro per aver nell’Iran il nemico comune, si sa da tempo. Le leggi della geopolitica sono queste: il nemico del mio nemico è mio amico.
Un’alleanza strategica aperta tra Israele e Arabia Saudita tuttavia appare impossibile. L’opinione pubblica di tutto il mondo arabo non potrebbe accettarla, almeno fino a quando il processo di pace coi palestinesi langue e non sembra ci siano segnali che esso possa riprendere in maniera seria e concreta. Inoltre il re saudita si considera il custode dei luoghi santi musulmani di Gerusalemme e fino che anche questa questione non troverà una soluzione, i rapporti tra Israele e sauditi sono destinati a rimanere sotto traccia.
Anche dal punto di vista americano l’accordo di Trump con l’Arabia Saudita è un po’ una sorpresa. Nel settembre 2016, nonostante l’avversione del Presidente Obama, il Congresso americano ha varato una legge che consente ai famigliari delle vittime dell’11 settembre di perseguire legalmente il Governo saudita quale responsabile degli attentati negli Stati Uniti, poiché ben 15 attentatori erano sauditi. Inoltre durante la campagna elettorale Trump ha più volte dichiarato: “l’Islam ci odia”. Del resto è noto che i sauditi hanno finanziato la campagna elettorale per la Casa Bianca di Hillary Clinton. Ma pecunia non olet!
Se questo accordo lo avesse concluso Obama, forse i governanti israeliani si sarebbero mostrati più preoccupati, ma ora Israele sembra voler perdonare ogni cosa al Presidente americano. Cosa accadrebbe però se le voci sulla costruzione della bomba atomica di Riyad si rivelassero vere?
Bisognerebbe poi ricordarsi che Isis e Al Qaeda sono prodotti originali del wahhabismo saudita, e che la Jihad, il fanatismo religioso omicida che oggi insanguina il Medio Oriente e l’Europa, si è sviluppato grazie agli enormi investimenti che i sauditi hanno fatto presso tutte le comunità islamiche, non solo nei Paesi arabi.
La corte di Riyad sostiene che il wahhabismo non è violento, eppure nelle scuole saudite si insegna che gli ebrei cercano “di tenere in pugno gli organi di stampa e propaganda, utilizzare l’oro per alimentare la rivolta e sfruttare le brame degli uomini per diffondere la depravazione” e ancora che il progetto ebraico è di “alimentare il rancore e la rivalità delle grandi potenze fino a farle combattere l’una contro l’altra, innescare la fiamma della guerra tra le nazioni in modo di indebolire gli stati”. Insegnamenti degni del peggiore antisemitismo nazista.
Forse Netanyahu non ha voluto mostrarsi preoccupato per gli accordi americano-sauditi della scorsa settimana, ma credo che in realtà lo sia.
Anselmo Calò
(29 maggio 2017)