Olig forever

Emanuele CalòIl mese scorso ho accettato un gentile invito per una riunione di carattere politico indetta dall’Organizzazione per la Liberazione dell’Isola del Giglio (OLIG), facendo però presente la mia scarsa dimestichezza col Diritto della navigazione, un modesto complementare che decisi di non affrontare al tempo dei miei studi.
Il traghetto è arrivato in perfetto orario da Porto Santo Stefano a Giglio Porto. Mare terso e azzurro, onde increspate quel poco che basta per aggiungervi un tocco di poesia, un’arietta frizzante e il benvenuto da parte di un’incantevole ma attempata hostess, con un cocktail dal colore inquietante a base di vino Ansonica, agitato ma non mescolato.
La riunione si è svolta in una bella struttura alberghiera costruita negli anni ’30 con un caratteristico stile marittimo art déco, il cui eclettismo era impreziosito da nani da giardino dai lineamenti etruschi, accuratamente vestiti alla marinara.
Il Presidente dell’OLIG aprì la riunione, producendosi in un discorso dai toni accorati col quale invitava gli abitanti a ribellarsi contro l’occupazione dell’isola da parte dello Stato del Paraguay, che con modi subdoli costringeva gli abitanti ad accantonare l’italiano per comunicare, invece, in lingua guaraní, notoriamente ostica.
Dopo sole tre ore e mezza di discorso, sfruttando vigliaccamente il fatto che fossimo soltanto in due (il pubblico era limitato alla mia persona) osai interromperlo per porgli una domanda, non riuscendo più a contenere la mia curiosità.
“Mi scusi, ma non mi pare che l’isola sia occupata dai paraguaiani”.
L’oratore mi guardò con un’espressione di sincera pietà. “Ma non capisce che l’OLIG ha lo sguardo rivolto al futuro?”
Debbo ammettere che mi vergognai non poco per la mia meschina preparazione e, tanto per uscire dalla mia ignoranza, cercai di capire meglio.
“Ha ragione, e mi complimento, ma non pensa di essere, diciamo, un po’ troppo originale?”
“Per niente” mi rispose il Presidente. “Possibile che non sappia che l’OLP è stata costituita nel 1964, e quindi tre anni prima dell’occupazione israeliana?”
Non osai replicare e mi limitai ad arrossire dalla vergogna. Dopotutto, lo statista si distingue dagli altri mortali perché lavora sui tempi lunghi ed è geneticamente fortunato: se gli dirà bene, gli altri saranno sufficientemente infelici da ricorrere a lui.

Emanuele Calò, giurista

(30 maggio 2017)