Filippine, attacco in un resort Per la polizia non è terrorismo
In un resort di Manila, nelle Filippine, si è scatenato il panico nella notte quando un uomo armato è entrato all’interno della struttura. Secondo i media, ci sarebbero 36 morti e alcune decine di feriti. Le vittime sarebbero state causate da asfissia. “Dopo la mezzanotte si sono sentite esplosioni, poi è stato un crescendo di notizie drammatiche – riporta il Corriere – secondo le quali alcuni uomini che indossavano cappucci neri sono entrati nei locali sparando, appiccando il fuoco ai tavoli del casinò e poi muovendosi tra i piani mentre la gente fuggiva”. Per le autorità filippine però non si è trattato di un attentato terroristico – l’Isis nelle scorse ore ne ha rivendicato la paternità – e solo un uomo sarebbe coinvolto nell’attacco. Il capo della polizia metropolitana, Oscar Albayalde, ha detto che la persona sospetta – uno straniero, forse di lingua inglese – è stata trovata senza vita al quinto piano dell’edificio che ospita il Resorts World Manila. Secondo Albayalde l’uomo si sarebbe sparato. Alcune ricostruzioni dicono che sia entrato nella sala del casinò del resort e abbia dato fuoco ad alcuni tavoli da gioco.
Trump, ambasciata Usa rimane a Tel Aviv. Il presidente americano Donald Trump ha firmato il provvedimento che ritarda di sei mesi lo spostamento a Gerusalemme dell’ambasciata Usa da Tel Aviv. La Casa Bianca ha dichiarato che “nessuno deve considerare questa mossa come un passo indietro nell’appoggio a Israele e all’alleanza fra Stati Uniti e Israele. Il presidente ha assunto la decisione per massimizzare le chance di successo nel negoziare un accordo fra Israele e i palestinesi. Trump ha ribadito l’intenzione di spostare l’ambasciata, il tema non è se accadrà o meno ma quando accadrà”. Per bocca del suo Premier Benjamin Netayahu, il governo d’Israele si è detto deluso ma “apprezza l’espressione dell’amicizia del presidente Trump e il suo impegno a muovere l’ambasciata nel futuro” (Il Messaggero).
La Guerra dei Sei giorni e la pace oggi. Proseguono gli approfondimenti sui quotidiani italiani riguardo al cinquantenario della Guerra dei Sei Giorni. Su Repubblica Bernardo Valli ricorda in un lungo reportage il conflitto visto dal fronte egiziano. Sul Corriere è invece il giornalista israeloamericano Yossi Klein Halevi a fare un analisi delle conseguenze della guerra del ’67 che vide vittorioso Israele sui vicini arabi. Secondo il giornalista, due sono le visioni legate alla Guerra dei Sei giorni: ci sono i pessimisti, secondo cui da cinquant’anni a oggi ben poco “è cambiato negli atteggiamenti del mondo arabo nei confronti di Israele”. E gli ottimisti che dicono che il conflitto ha “contribuito a trasformare un piccolo Stato agrario e marginale di appena tre milioni di abitanti nella potenza tecnologica di oggi”. “Il Paese – afferma l’autore – creato nel giugno ’67 deve liberarsi dai traumi di quello del maggio ’67. La comunità internazionale, tuttavia, spesso rafforza le tesi dei pessimisti. La legittimità di Israele resta una questione aperta nel mondo islamico e sempre di più anche in alcuni settori dell’opinione pubblica occidentale”. Sul Venerdì di Repubblica, Corrado Augias scrive invece dell’ultimo libro dell’analista militare israeliano Ahron Bregman, La vittoria maledetta (Einaudi), dedicato ai Sei giorni.
Cisgiordania, nuova violenza. Un soldato israeliano è rimasto ferito nell’attacco di una palestinese armata di coltello. L’attentato è avvenuto nell’insediamento ebraico di Mevo Dotan, a sud-ovest della città palestinese di Jenin in Cisgiordania. La terrorista è stata raggiunta dai colpi sparati dalle forze di sicurezza che hanno difeso il collega ed è ricoverata in ospedale (Avvenire unico giornale a riportare una breve sulla vicenda).
Il mondo yiddish dimenticato. Sull’Osservatore Romano la storica Anna Foa scrive della nuova pubblicazione in cui si ritrovano tre brevi racconti del celebre scrittore ebreo Shalom Aleichem, Stazione di Baranovitch. Tir racconti ferroviari (Bologna, Edizioni Dehoniane, 2017), curata da Daniela Leoni, docente di letteratura yiddish e chassidica.
Wonder Woman d’Israele. Intervista sul Giornale per l’israeliana Gal Gadot, che interpreta Wonder Woman nell’ultimo film dedicato alla supereroina della DC Comics.
Addio alla ribelle che lottò per liberare Kobane. “La scheggia d’una granata, o forse la pallottola d’un cecchino islamista, ha falciato lunedì scorso la vita di Ayse Deniz Karacagil. “Cappuccio rosso”, questo era il suo nome di battaglia dai tempi di Gezi Park, è morta combattendo alle porte di Raqqa. Nell’annuncio – scrive Repubblica – pubblicato ieri sul sito dell’International Freedom Battalion, la brigata in cui militano giovani giunti da tutto il mondo per combattere lo Stato islamico, la studentessa che divenne combattente è di Gezi Park, aveva scelto di andare in montagna per unirsi al movimento di liberazione curdo invece di trascorrere il resto della vita in galera o in fuga: è caduta in combattimento celebrata come un’eroina”. In Italia era stata resa famosa dalla matita del fumettista romano Michele Rech, alias Zerocalcare, che in Kobane Calling aveva raccontato il suo coraggioso impegno in difesa della città curda-siriana contro l’avanzata dei jihadisti.
Daniel Reichel twitter @dreichelmoked
(2 giugno 2017)