L’intervista ad Abraham Skorka
“Per il Dialogo serve anche bellezza”
“Il Dialogo non è un concetto astratto, una sfida vuota e retorica come sostengono alcuni detrattori. Ma certo sta a noi, leader religiosi con un ruolo di responsabilità nel nostro mondo, far sì che questo percorso sia alimentato da momenti che lascino davvero il segno, che ci permettano di maturare una consapevolezza ancora più forte di quello che siamo e di dove vogliamo andare. La mia sensazione è che, nonostante i tanti ostacoli che si possono incontrare nel nostro lavoro ogni giorno, viviamo un’epoca di grandi opportunità per chi ha a cuore un futuro di pace. Non coglierle sarebbe un errore. Gravissimo”.
Rettore del Seminario Rabbinico Marshall T.Meyer, Abraham Skorka (foto piccola in alto a destra) è il più stretto confidente di papa Bergoglio sul piano delle relazioni tra ebraismo e cristianesimo. Una lunga amicizia, nata ai tempi di Buenos Aires, poi evoluta in una serie di iniziative che hanno fatto parlare. Tra gli altri un libro, Il cielo e la terra, raccolta di una serie di conversazioni sui temi più disparati, che è diventato quasi un classico nel suo genere.
È ormai di casa in Vaticano, il rabbino Skorka. Ci è stato anche alcune settimane fa, per mettere al corrente l’amico Jorge di un’iniziativa che gli sta particolarmente a cuore: il Torah Project.
Di che si tratta? Di una versione pregiata della Bibbia, realizzata in tiratura limitata (127 copie in tutto) e frutto della collaborazione tra la casa editrice ACC Arte Scritta e l’imprenditore messicano Dan Tartakovski. A Bergoglio è andata la prima copia, altre saranno fatte avere prossimamente a personalità riconosciute nel campo della spiritualità, a capi di governo, a opinion leader. L’idea è che la Torah possa essere fonte di ispirazione per tutti, nessuno escluso.
“Il nostro è un progetto di ampio respiro che punta a coinvolgere alcune delle figure più influenti dei nostri giorni, facendole convergere su un piano comune di idee e sensibilità. Nel nome dei valori ebraici più autentici, che sono luce per l’umanità intera” spiega Skorka a Pagine Ebraiche. Sostiene inoltre il rabbino argentino: “Nel rispetto delle singole peculiarità, senza fare un polpettone indistinto che tutto è fuorché Dialogo, la sfida è di far sì che alcune barriere alla comunicazione cadano definitivamente. Nello specifico del rapporto tra ebrei e cristiani credo sia dovere di tutti i protagonisti lavorare per un incontro sempre più basato su motivazioni autentiche. C’è un termine che amo, la parola fratellanza”.
“Questo – insiste Skorka – non può che essere il nostro obiettivo, il fine ultimo di ogni nostra iniziativa. In un mondo attraversato da nuovi venti di odio e sconvolto da terribili azioni che bestemmiano il nome dell’Onnipotente, dobbiamo avere la forza e la voglia di essere fratelli. Lo studio della Torah, naturalmente con delle differenze, è parte di questo sforzo”.
Dalla Dichiarazione Nostra Aetate in poi, secondo Skorka, le cose sarebbero decisamente cambiate nelle relazioni tra ebrei e cristiani. “Non dico con questo che ogni problema sia risolto, ci mancherebbe. Ma sono diverse le buone pratiche adottate ad alto livello così come a un livello locale. Vedo in particolare uomini di Chiesa animati da interesse genuino. Un fatto sempre più evidente – riflette – soprattutto negli ultimi tempi”.
Ma nulla, avverte, si costruisce per caso. Nessun risultato può essere raggiunto senza impegno e determinazione su entrambi i fronti. Per questo, aggiunge Skorka, sta lavorando su alcuni dossier strategici. “Sono idee, input, nuovi progetti da valutare ed eventualmente lanciare in futuro. Non posso dire molto di più al momento, salvo che sono onorato della fiducia che mi è stata accordata per portare avanti questo compito”.
Altra parola chiave, oltre a fratellanza, è bellezza. “Sì, bellezza. Tutta l’umanità, senza distinzione, ne ha bisogno. In questo Torah Project abbiamo cercato di mettercene tanta: a partire da 27 straordinari disegni realizzati da un artista cubano, Baruj Salinas, che rendono la lettura delle pagine una esperienza unica. La bellezza salverà il mondo, d’altronde. Non sono il primo a dirlo. E spero neanche l’ultimo”.
Adam Smulevich
(Pagine Ebraiche, giugno 2017)