Casherut, il monopolio non fa bene alla nazione

Pag 19 - Taglio Basso – I costi di vivere casherraeliani preferiscono sapere che il loro cibo è preparato in base alla tradizione ebraica – racconta Rabinovitch – gli hotel, i ristoranti e i produttori non hanno altra scelta che andare avanti seguendo questo principio e modificando le loro cucine, gli ingredienti e pagando una tassa per ottenere un certificato di casherut”. L’articolo si pone in toni critici rispetto a quella che in Israele – lo Stato degli ebrei – appare come una scelta naturale. Il problema è, la tesi di Rabinovitch, il costo che tutta la realtà dei certificati casher – divisa al suo interno – ha sulla ristorazione e non solo. “Nuovi dati mostrano che il sistema sta pesando sull’economia, abbattendo la produttività, spingendo i prezzi verso l’alto e permettendo grandi saldi di cassa, accumulati fuori dai libri contabili, che preoccupano le autorità fiscali israeliane”. Viene citato tra le altre cose anche il documento di valutazione dell’economia d’Israele del 2016 dell’Ocse – L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico – secondo cui le “regole alimentari religiose” contribuiscono a “ostacolare il funzionamento e l’efficienza dei settori alimentari e al dettaglio, che a loro volta causano una crescita debole della produttività nell’economia israeliana”.
Al vertice del sistema della casherut, spiega l’articolo di Reuters, si trova il Consiglio del Rabbinato Centrale, un’autorità che ha il sostegno governativo e che sovrintende il rispetto delle regole della legge ebraica in diverse materie, dalle circoncisioni ai matrimoni. Il Consiglio ha di fatto un monopolio nel dichiarare se le imprese connesse con i prodotti alimentari – dai ristoranti di sushi ai caffè fino ai pasti consegnati a bordo degli aerei – operano in conformità con le norme alimentari ebraiche. Per i controlli, vengono adoperate diverse migliaia di ispettori che effettuano quotidianamente visite in loco per controllare questioni come la sanità alimentare, la separazione di prodotti lattiero-caseari dai prodotti a base di carne, verificare che i materiali vengano acquistati da fornitori che sono stati approvati. Secondo un report pubblicato nel 2016 dal ministero delle Finanze, la certificazione kosher pesa sull’economia israeliana per circa 770 milioni di dollari l’anno e produce un rincaro del 5 per cento sul costo della produzione di cibo. “Questo sistema monopolistico richiede migliaia di posti di lavoro e le sue pratiche aumentano il costo della vita in Israele, come accadrebbe in qualsiasi situazione in cui c’è un fornitore esclusivo all’interno di un processo produttivo”, si legge nella relazione. Alcuni tentativi di riforma sono stati fatti, ma la soluzione sembra ancora lontana per un Paese che comunque può vantare un’economia solidissima: nel quarto trimestre del 2016 il Pil è cresciuto a un tasso annualizzato del 6,2 per cento.

(4 giugno 2017)