ORIZZONTI Una statua nuova per Martin
Ha fatto molto caldo, a Berlino, in questi ultimi giorni. Un caldo inquieto, instabile. Ci si addormenta in estate e ci si risveglia in autunno, con temperature che sdrucciolano di dieci, quindici gradi tra luce e buio, e venti rabbiosi, pieni di rancore, che stritolano gli alberi con le loro mani d’acciaio. Poi, di nuovo, l’idillio, il sole-diamante, che ingioiella l’arsura. I cieli tedeschi hanno pathos. Corrono in giostra, si trasformano, si rovesciano, giocano d’azzardo. E la città muta con loro, fa capriole che non ti aspetteresti. Prendila, se ci riesci. Qui è povera, sdrucita, con strade male in arnese. Un terzo dei bambini di Berlino vive di assistenza sociale. Un amico, che ci lavora, mi dice che alcuni, il lunedì, arrivano alle mense scolastiche affamati. Il fine settimana, a casa, hanno mangiato poco e male. Qualche strada più in là, la metropoli diventa orgogliosa, spavalda, con una nuova ricchezza, figlia dell’ultimo decennio, che si mette in mostra con vanità. Rivoluzione digitale, ministeri, boom delle start up. Belle case, bellissime macchine, ristoranti cari ed esclusivi. La tradizione protestante di Berlino rinnegava l’ostentazione. Anche se si ha molto, si dovrebbe mostrare poco. Austerità per timore di Dio, e una certa, sobria misura. O ipocrisia sociale, a seconda dei punti di vista. Cos’è rimasto, oggi, della Berlino protestante dei libri di storia? Nel 2016 è uscito l’ultimo censimento dell’Istituto di statistica. Oltre il 60%degli abitanti non ha appartenenza religiosa. I cattolici sono l’8,9%, i musulmani il 10,5%. L’16% aderisce alle chiese evangeliche. Si si pensa che, a fine Ottocento, i due terzi dei berlinesi erano protestanti, si capisce quanto l’anima della città sia cambiata. Cos’ha vissuto Berlino in poco più di un secolo? Non basterebbe un’enciclopedia a raccontarlo. L’enciclopedia degli errori, degli orrori e delle speranze d’Europa, condensata nelle pietre e nelle strade d’un sol luogo. Del passato confessionale rimangono pochi relitti, per lo più spaesati, come spaesato, e incompleto, è il monumento del riformatore, accanto alla Marienkirche, a due passi da Alexanderplatz. Inaugurato nel 1895, e in gran parte finanziato con fondi raccolti dai cittadini, il grande Lutero in bronzo, con la Bibbia aperta fra le mani, era originariamente circondato dalle figure di otto co-riformatori. Come a dire che la radicale trasformazione protestante di religione, società e politica, veniva mostrata come opera corale. Poco importa se, tra i compagni di strada di Lutero, fosse incluso anche Johannes Reuchlin, rimasto fino alla morte fedele a Roma, nonostante le traversie patite a causa dei domenicani. L’importante era che il Luterone bronzeo non restasse solo. E invece, venuta la seconda guerra mondiale, tutto quel metallo a portata di mano ingolosì i nazisti, che nel 1942 fusero i co-riformatori per farne cannoni. Non so se così ridotti, i poveretti abbiano sparato davvero. Certo è che Lutero, derelitto, visse anni d’oscurità sotto il governo comunista della Germania orientale. E anche dopo la caduta del muro, messo lì in un angolo, sembra mostrare ai passanti il suo libro un po’ in sordina e con poco successo. Il 31 ottobre 2017 ricorre il cinquecentesimo anniversario della pubblicazione delle 95 tesi, l’evento che ha messo in moto la Riforma. Si è tentato, con un concorso pubblico, di ridisegnare il monumento, in modo da arrivare in forma al giubileo di quest’anno. Ma Berlino è abituata ai fallimenti. Il caso più clamoroso, di pubblica débâcle, è il nuovo aeroporto internazionale di SchBnefeld, che si sarebbe dovuto inaugurare nel 2012 e che, una figuraccia dopo l’altra, viene rimandato di anno in anno. Anche i progetti minori, che talvolta naufragano nell’imbarazzo, fanno della capitale un caso a sé, in un Paese che, a torto o a ragione, si considera efficiente. L’anno scorso, una giuria ha scelto il miglior bozzetto, in cui il vecchio Lutero ottocentesco veniva appaiato da una seconda statua… di se stesso. Un doppio, tutto alluminio, scintillante, in cui gli spettatori potessero vedersi riflessi, e in cui si riflettesse anche il paesaggio circostante. Lutero pop, pensoso, consapevole dei propri problemi con la storia. Un successo? Dopo il verdetto pubblico, non se n’è fatto niente. A molti quella replica abbagliante proprio non andava giù, sapeva quasi di profanazione. Meglio solo che male accompagnato, e così, in questi mesi che pullulano di celebrazioni e contro-celebrazioni, per incontrare l’amato-odiato Martin bisogna far la spola tra mostre, musei, dibattiti e performances. Questa è l’altra faccia della città, che spesso comincia e non finisce, che dubita, si ricrede, cambia idea. Berlino macina sapere come un mulino dalle ruote voraci. Un po’ perché di soldi pubblici, per la cultura, ce ne sono ancora parecchi, e un po’ perché qui passato e presente si scontrano con foga, scoccano scintille, non ce la fanno a starsene rinchiusi nei libri. Tra i percorsi più interessanti, e provocatori, v’è quello alla Nikolaikirche, dedicato a San Lutero. È un titolo ironico, che mette in luce il culto della personalità, l’uso dell’immagine pubblica del riformatore come simbolo dell’identità collettiva tedesca, e persino una sorta di paradossale raccolta di reliquie – con un paramento liturgico, indossato da Lutero, e fatto poi a pezzi per venerazione. Più seria, e anzi tragica, è la mostra che la Topographie des Terrors dedica al rapporto tra nazismo e Lutero. Pagina scura, che si sfoglia con amarezza. È noto che i testi antigiudaici, usciti dalla penna di Lutero nella fase più tarda della sua attività, servirono d’ispirazione all’antisemitismo, e vennero sbandierati dal regime hitleriano. Tra i consigli inanellati nel libello Degli ebrei e delle loro menzogne, del 1543, v’è quello di dar fuoco alle sinagoghe, «e di ricoprire con terra e seppellire ciò che non vuole bruciare, così che in eterno nessuno possa più vedere una pietra, un resto». Considerate queste premesse, e l’abilità delle strumentalizzazioni naziste, non stupisce che la cosiddetta notte dei cristalli, nel 1938, con l’annientamento di tutti i luoghi di culto ebraici, sia scoccata nell’anniversario della nascita di Lutero, il io novembre 1483. Danza macabra delle date, fantasmi che riaffiorano sinistri. Ma anche memorie contradditorie, con Lutero che offri spunto a qualche oppositore della dittatura. Come Dietrich Bonhoeffer, figura esemplare della resistenza, che nel 1937 scriveva: «Vedo dappertutto parole di Lutero, capovolte, però, dalla verità in autoinganno». Berlino, capovolta, si specchia in se stessa. Nel passato si riconosce a stento, e non può amare quel che vede. Meglio gettarsi in avanti, costi quel che costi. Prendila, se ci riesci.
Giulio Busi, Il Sole 24 Ore Domenica, 4 giugno 2017