Con i curdi
Mentre da Londra a Teheran il mondo viene colpito da nuovi attentati, in questi giorni le Syrian Democratic Forces, composte soprattutto da militanti curdi del Rojava, hanno fatto il loro ingresso a Raqqa, la capitale dello Stato Islamico. Il governo turco non si è fatto attendere e ha già affermato che “reagirà immediatamente e prenderà le dovute contromisure se l’attacco a Raqqa rappresenterà una minaccia per la Turchia”.
Il terrore che negli ultimi anni ha sconvolto l’Europa potrebbe in qualche modo subire una battuta d’arresto con l’eventuale sconfitta o arretramento del Califfato, considerando anche le fasi conclusive dell’offensiva a Mosul. Forse è solo mera illusione, ma oltre a fornire supporto logistico e ideologico, lo Stato Islamico è stato percepito da numerosi islamisti come un’entità invincibile che avrebbe sottomesso e conquistato sempre nuovi territori, un supposto evento escatologico testimoniante la superiorità di un Islam farlocco sulle altre culture. Naturalmente tutto dipenderà anche dal se e da cosa seguirà al Daesh in quei territori, cosa ne sarà di coloro che hanno combattuto e sono stati indottrinati da questa organizzazione, e dai risvolti della guerra civile in Siria, la quale sembra purtroppo ancora destinata a protrarsi per mesi o anni. In ogni caso anche se Daesh venisse sradicato dalla Mesopotamia è comunque improbabile congetturare una conseguente fine del fenomeno jihadista.
Intanto rimane la certezza che oltre alla retorica di Donald Trump e di Vladimir Putin, al ruolo connivente della Turchia e alle ultime prese di posizione dei paesi del Golfo e dell’Arabia Saudita – come ha ribadito anche Daniel Assael su queste pagine, il “principale centro di propaganda islamista al mondo” – i curdi e i loro alleati locali rimangono nell’area gli unici veri protagonisti della lotta contro Daesh. Dipenderà dall’intera comunità internazionale prestare loro riconoscenza anche per scongiurare il dubbio di essersene serviti esclusivamente come strumenti provvisori, e magari guardare con attenzione l’esperimento sociale che i curdi stanno cercando da tempo di realizzare nel nord della Siria e nella regione di Shingal.
Francesco Moises Bassano
(9 giugno 2017)