…ebreo

Nell’ottantesimo anniversario, il 9 giugno, dell’assassinio di Carlo e Nello Rosselli ad opera dei sicari fascisti, mi piace ricordare le parole con cui Nello, nel Congresso giovanile di Livorno del 1924, definiva la sua identità ebraica. Parole spesso denigrate come frutto dell’assimilazione e che, rilette ora, mi sembrano di alto e profondo sentire.
“Io intendo per ebraismo una concezione religiosa della vita. Per me, la questione nazionale che molti di voi sentono intimamente legata con l’ebraismo non ha con questo alcuna connessione… Ma, voi direte. Allora, in che ti senti ebreo? Cos’è questo ebraismo cui tieni così gelosamente? Mi dico ebreo, tengo al mio ebraismo perché (e anche qui adombro di volata quanto meriterebbe una lunghissima sosta) perché è indistruttibile in me la coscienza monoteistica che forse nessun’altra religione ha espresso con tanta nettezza – perché ho vivissimo il senso della mia responsabilità personale e quindi della mia ingiudicabilità da altri che dalla mia coscienza, da Dio – perché mi ripugna ogni pur larvata forma di idolatria – perché considero con ebraica severità il compito della nostra vita terrena, e con ebraica serenità il mistero dell’oltre tomba – perché amo tutti gli uomini come in Israele si comanda di amare, come anzi in Israele non si può non amare – e ho quindi quella concezione sociale che mi pare discenda dalle nostre migliori tradizioni – perché ho quel senso religioso della famiglia che, a chi ci guarda dal di fuori, appare veramente come una fondamentale e granitica caratteristica della società ebraica. Sono dunque – credo – ebreo; posso dirmi ebreo”.

Anna Foa, storica

(12 giugno 2017)