…voto
In principio fu Norbert Hofer, il candidato alle presidenziali austriache del partito di estrema destra FPÖ, che, partito favorito nelle elezioni del dicembre scorso, si ritrovò sonoramente battuto dal verde Van Der Bellen. Poi, è venuta la batosta in Olanda per Geert Wilders ed infine la sconfitta di Marine Le Pen da parte di Macron. Il voto legislativo francese, con un FN ridotto ai minimi, l’esclusione dai ballottaggi del M5S e la liquefazione dell’UKIP dell’ex Farage di questi ultimi giorni rafforzano un trend, che credo sarebbe ingiusto negare. Al momento decisivo i populismi europei si stanno sgonfiando. Tutto bene? Mica troppo. A fianco dell’elenco appena fatto, deve registrarsi un ulteriore incremento dei tassi d’astensione (in Francia Macron è stato eletto da circa il 15% degli aventi diritto effettivi), molto forte anche in un Paese politicizzato come è sempre stata l’Italia. Tradotto: i voti che non vanno ai populisti non sono stati riassorbiti dal sistema, in attesa di spostarsi verso nuovi affabulatori o nuove affabulatrici. Il punto è sempre lo stesso: questi movimenti non sono nati dal caso, ma derivano dall’incapacità delle classi dirigenti di rispondere agli enormi problemi del nostro tempo. Se anche questa volta, ci si dimostrerà incapaci di affrontarli, l’Europa si frantumerà, con le conseguenze che abbiamo già intravisto in questi anni.
Davide Assael, ricercatore
(14 giugno 2017)