JCiak – Appuntamento per la sposa

appuntamentoCosa fai se lui ti lascia mentre assaggiate il menù delle nozze? Michal, 32 anni, ultraortodossa da quando ne ha venti, evita le trappole alla Bridget Jones (troppi aperitivi, appuntamenti di consolazione e chili di gelato). Certa di incontrare la sua anima gemella prima del fatidico giorno, mette sottosopra l’intera comunita haredi, da Gerusalemme a New York. In fondo Michal ha tutto quel che serve: la sala, l’abito e 200 invitati. Le manca solo un marito.
Un appuntamento per la sposa – Laavor Et Hakir di Rama Burshtein, in questi giorni in sala, torna sul tema del matrimonio che la regista ultraortodossa aveva già esplorato nel bellissimo La sposa promessa (2013), storia dolce amara di un matrimonio combinato. Questa volta però il tono si sposta sulla commedia, colmando così un vuoto nella filmografia sull’universo haredi di solito incline a indulgere sul dramma.
Presentato al Festival del cinema di Venezia un anno fa, Un appuntamento per la sposa stenta, malgrado le premesse, a convincere critica e pubblica. Anche per storia personale Rama Burshtein è abilissima a decodificare il mondo ultra-ortodosso. Nata a New York e cresciuta in Israele, dove si è diplomata alla Sam Spiegel Film and Television School di Gerusalemme, si è unita alla comunita haredi a vent’anni, proprio come la sua Michal.
Ferma sostenitrice del cinema come strumento di autoespressione per il mondo ultraortodosso, Burshtein ha scritto, diretto e prodotto molti lavori per la sua comunità, alcuni destinati solo alle donne. In parallelo, da tempo insegna regia e sceneggiatura in istituzioni di ambito ortodossa.
Da questa esperienza, che tre anni fa ha generato Fill the Void, vincitore di tre premi Ophir, interpretato da un’eccellente Hadas Yaron che per questa interpretazione ha vinto a Venezia la Coppa Volpi, giunge ora la storia agrodolce di Un appuntamento per la sposa
Ancora single dopo 12 anni nella realta haredi, la protagonista Michal sogna il suo sposo. Lo sogna al punto da rivolgersi a un guaritore bukhari per sfuggire alla sua malasorte. Poche settimane dopo il desiderio sembra diventare realtà. Michal si lancia felice nei preparativi per le nozze ma l’incanto s’infrange quando lui dichiara forfait.
La giovane è sconvolta, ma non intende tornare alla vita da single, piena di appuntamenti e delusioni. Anzi, vede tutto ciò un’opportunità di cambiamento e crede che Dio l’aiuterò nell’impresa. Ha un mese per mettere alla prova la sua fede e realizzare il suo sogno: “Ho il luogo, il vestito, l’appartamento. Dio mi troverà sicuramente un marito!”.
E’ abbastanza per capire che non siamo esattamente alle latitudini di Bridget Jones. Il film, spiega Rama Burshtein, “dovrebbe risollevare lo spirito e infondere forza, perché Michal non vuole sposarsi a tutti i costi, ma vuole sconfiggere la disperazione e far vincere il Bene”. “Credo – continua – che ciò che mi manca di più sia credere nel bene e nella sconfitta della disperazione. Per flettere il muscolo della fede, bisogna dedicarci l’anima; salire sul trampolino più alto, tapparsi il naso e saltare, anche senza essere certi che la piscina sia effettivamente piena d’acqua”.
Peccato che il film stenti a trovare un ritmo, le battute non siano così spassose e venga alla fine a mancare quel tratto autentico che aveva decretato il successo internazionale di La sposa promessa.

Daniela Gross

(15 giugno 2017)