Setirot – Il senso della Storia
Se non avesse un che di cupamente oscuro, troverei ridicolo l’uso “politico” – conscio o inconscio poco importa – che molti fanno della storia e delle sue vicende. Prendiamo il fondo che Ernesto Galli della Loggia ha scritto giorni fa sul Corriere della Sera. Recensendo due libri di grande spessore (Le juifs du monde arabe di Georges Bensoussan e Le negrièrs en terre d’islam di Jaques Heers) Galli della Loggia ci mette giustamente in guardia dalla mitizzazione della felice convivenza degli ebrei in terra islamica e ricorda a chi non lo sapesse che la vita del dhimmi, con i lati positivi e quelli negativi era piuttosto miserevole, in stato di inferiorità, di forzata ignoranza, in un diffuso clima di pregiudizio anti giudaico. Più che corretto, quindi, non tabuizzare la supposta “età dell’oro”, continuare a studiare, trovare nuovi strumenti che aiutino a interpretare in parte anche il presente.
Ed ecco che la compagnia di giro, e di tastiera, dei non-storici, più o meno urlatori, amanti delle certezze e verità assolute che portano all’obnubilamento (oggi più che mai anti islamico) si lanciano in analisi del tutto peregrine. Ma, ciò che è peggio, dimostrano quanto l’astio e l’odio cancellino ogni memoria. E così le persecuzioni anti giudaiche cristiane, l’Inquisizione, le cacciate, i ghetti non si ricordano più, cala l’oblio, sembrano di fatto non essere esistite.
Non è a ciò che serve la storia, di questo (pur non essendo uno storico) sono certo.
Stefano Jesurum
(15 giugno 2017)