Informazione: mezzo secolo di storia e il dovere di progettare il futuro
L’ebraismo romano celebra oggi con orgoglio i primi 50 anni di una testata comunitaria gloriosa, il mensile “Shalom”. Il drammatico 1967, infatti, non è stato solo l’anno della guerra dei Sei giorni e della definitiva cacciata degli ebrei dai paesi arabi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo, l’anno che ha segnato l’arrivo in Italia degli ebrei di Libia sopravvissuti a lunghe e spaventose persecuzioni. È stato anche l’anno della riscossa dell’ebraismo italiano, l’anno della solidarietà, la stagione in cui fu necessario decidere che per il nostro futuro, per la nostra dignità, per Israele, non era più possibile tacere.
Un gruppo di coraggiosi allestì così con pochi mezzi e con molta passione quello che sarebbe presto divenuto il giornale comunitario più in vista, ma soprattutto uno spazio importante a disposizione degli ebrei italiani per restare uniti e per dichiarare in maniera ferma e trasparente il loro impegno incessante per la vita e la libertà dello Stato di Israele.
I cinquant’anni che ci stanno alle spalle ci parlano di un mezzo secolo difficile, spesso in salita. E aver compiuto questo ciclo di lavoro rappresenta una soddisfazione importante per tutti gli ebrei italiani.
Per restare fedeli alla lezione di coraggio e di determinazione che ci donarono i leader del 1967 è ora il momento di progettare i prossimi 50 anni. E il compito, se possibile, è forse ancora più arduo di quello che fu affrontato nel 1967.
Certo per quanto riguarda l’informazione di cui le istituzioni ebraiche sono l’editore bisognerà inventare nuovi equilibri che portino i costi di realizzazione in pareggio. La stampa ebraica è importante e ridurne la portata sarebbe catastrofico, ma le istituzioni non potranno sobbarcarsi da sole e in eterno dei gravosi costi industriali necessari a produrre e distribuire i giornali in cui credono.
Certo bisognerà pensare a giornali capaci di essere la casa di tutti gli ebrei italiani, il luogo di incontro in cui ognuno, nessuno escluso, si possa sentire libero di essere se stesso e accolto, si possa sentire a casa. Non sono in gioco solo i valori della democrazia e del pluralismo, ma soprattutto una visione strategica capace di creare entusiasmo e coinvolgimento in un’epoca che vede la voglia di partecipazione e di coinvolgimento in forte calo.
Certo bisognerà impegnarsi a fare delle nostre redazioni uno spazio di intensa formazione professionale delle nuove generazioni. Stimolare la nascita di nuove professionalità giornalistiche è per una minoranza una sfida strategica essenziale. Immettere in un mercato del lavoro sempre più difficile professionalità solide e riconosciute è un passaggio fondamentale.
Il mezzo secolo che ci sta alle spalle è certo molto importante. I protagonisti di quegli anni devono essere doverosamente onorati. Per dire loro un grazie sincero, per rendere loro l’omaggio dovuto, possiamo progettare assieme i prossimi cinquant’anni e salvaguardare con l’impegno, per noi e per i nostri figli, nuove pagine di un futuro a testa alta per l’ebraismo italiano.
gv
(20 giugno 2017)