Ghetti, lager e giovani musicisti
Ragazzi prodigio, giovani strumentisti virtuosi e cervelli musicali di promettente carriera trasferiti nei Ghetti e deportati nei Campi durante la Seconda Guerra Mondiale; i siti di cattività ad alta presenza di ebrei e Roma in Polonia e Paesi Baltici pullulavano di giovani talentuosi musicisti, altresì versati nel canto e intrattenimento di strada.
Nel 1943 presso il Ghetto di Vilnius l’11enne pianista ebreo Alexander Wolkovsky [Alek Volkoviski] partecipò a un concorso di composizione bandito dallo Judenrat; come da prassi, la giuria analizzò il pezzo presentato da Wolkowsky senza conoscerne né il nome né l’età (tuttora i partecipanti ai concorsi di composizione presentano le proprie opere sotto pseudonimo o motto).
Il giovane Wolkovsky vinse il concorso con la celebre canzone Shtiler, shtiler (il testo originale fu scritto da suo padre e in seguito tradotto in yiddish da Shmerke Kaczerginski), dopo la liquidazione del Ghetto nel settembre 1943 fu trasferito a Stutthof e successivamente a Dirmingen; emigrò in Israele cambiando il proprio cognome in Tamir e riprese gli studi pianistici presso la Rubin Academy di Gerusalemme con Alexander Schroeder, ivi incontrò la pianista Bracha Eden con la quale formò nel 1952 un celebre duo pianistico.
Il 14enne trombettista ebreo dell’orchestra Tivoli di Copenhagen Paul Aaron Sandfort [Rabinovich], trasferito a Theresienstadt, entrò nell’orchestra del Campo dopo che il trombettista ufficiale steccò a una parata e fu mandato ad Auschwitz; Sandfort moriva dalla paura di sbagliare e fare la fine del suo predecessore, fu l’unico strumentista sopravvissuto dell’orchestra dell’opera Der Kaiser von Atlantis di Viktor Ullmann (mai eseguita nel Campo).
Il pianista ebreo ceco Jiří Kummermann aveva 13 anni quando fu trasferito a Theresienstadt, ivi studiò pianoforte con Bernard Kaff e prese lezioni di armonia e contrappunto; morì ad Auschwitz nel 1944, lasciò alcuni esercizi di armonia e un quartetto d’archi datato 24.9.1944.
Anni fa il compositore ebreo ceco Jiří Pokorný, cugino di Kummermann nonchè mio grande amico, mi sconsigliò di eseguire o registrare il quartetto d’archi di Kummermann, ritenendolo immaturo e strutturalmente fragile; in realtà, con qualche ritocco alla parte di viola e violoncello, il pezzo è gradevole, sicuramente segno di un bel cervello musicale strappato alla posterità.
Il violinista ceco Pavel [Paul] Kling, deportato 15enne a Theresienstadt, riuscì a portarsi lo strumento nel Campo (non gli spartiti poiché, come egli dichiarò, aveva memorizzato l’intero suo repertorio) e riuscì a dedicare pressoché l’intera giornata allo studio e concertazione con i colleghi della Stadtkapelle diretta da Peter Deutsch [Pete Altman] ed esibirsi in musica d’intrattenimento presso il Cafè–Haus di Theresienstadt; trasferito nel settembre 1944 presso lo Arbeitslager Gleiwitz I (sub–Campo di Auschwitz I), sopravvisse e completò i suoi studi presso la Akademie múzických umění di Praga intraprendendo una prestigiosa carriera concertistica negli USA e in Canada.
A partire da ottobre 1944 presso il Campo di lavori forzati di Märzbachtal furono alloggiati 1.200 ebrei (circa la metà erano minori di 16 anni) tra i quali il 13enne ebreo ruteno Jack [Jakob] Garfein, verso la fine del 1944 un suo coetaneo ebreo polacco creò il canto monostrofico in lingua yiddish Zi is mein herz; l’autore del canto fu gasato a Birkenau, Garfein fu trasferito a Bergen–Belsen agli inizi del 1945, nel 1946 si trasferì negli U.S.A. affermandosi come direttore teatrale e cinematografico, nel 2013 mi riportò il canto Zi is mein herz del suo sfortunato compagno di Märzbachtal.
Durante la Guerra il compositore e virtuoso di balalaika Rom serbo Žarko Jovanović [Jarko Jovanović Jagdino], allora 15enne, fu deportato presso diversi Campi e infine a Birkenau, ivi perse l’intera sua famiglia; dopo la Guerra si trasferì a Parigi, è l’autore del celebre canto Djelem Djelem (su un canto popolare Romanès) divenuto l’inno transnazionale del popolo Rom ufficialmente adottato dai delegati del primo Congresso Mondiale Rom svoltosi a Londra nel 1971.
Di tutte le tragedie umanitarie, quella dei ragazzi costretti a subire la guerra è oggettivamente la più difficile da accettare, inammissibile nei più elementari codici etici della Storia sociale.
Ma andò così; e accadde che giovani musicisti ebrei e Roma catapultati nei più impensabili insediamenti umani del Novecento, grazie alle loro inesauribili energie e all’innata audacia fortificata e stimolata dal disagio, fecero valere il proprio talento e amore per la vita tramite la musica.
Francesco Lotoro
nella foto: Gerusalemme. Il pianista e compositore Alex Tamir, sopravvissuto al Ghetto di Vilnius, con Francesco Lotoro
(21 giugno 2017)