Periscopio
Un segno da Salerno

lucreziÈ davvero motivo di grande gioia l’ufficiale inaugurazione, nei bellissimi locali del Palazzo della Provincia, dell’Associazione Italia-Israele di Salerno, che promette di dare un grande e duraturo contributo alla già ricca vita associativa e intellettuale della splendida città costiera, confermando una millenaria tradizione di accoglienza, apertura, cultura, libertà.
Se, a seguito dell’espulsione degli ebrei dal Regno di Napoli, del 1510, la presenza ebraica nel Mezzogiorno è sempre rimasta, fino ai giorni d’oggi, fortemente minoritaria (delle 21 Comunità ebraiche italiane ufficialmente riconosciute, com’è noto, quella di Napoli – anch’essa numericamente ristretta – è l’unica a rappresentare l’intero Meridione), ben diversa – anzi, opposta – era la situazione nel Medio Evo, come attestato, in particolare, dal diario di viaggio del pellegrino spagnolo Beniamino da Tudela, che, nel 1166, censì, nella sola Campania, ben 1620 israeliti (o famiglie ebraiche) su 4832 ufficialmente residenti in Italia (stanziati, in grande maggioranza, proprio nelle regioni meridionali). E particolarmente ricco e fiorente apparve, agli occhi di Beniamino, il conglomerato di Salerno, che figurava – in virtù dei floridi commerci e raffinati studi scientifici – come uno dei più cospicui e prestigiosi centri ebraici della penisola. Ancora illuminata e tollerante, com’è risaputo, fu la politica praticata dall’imperatore Federico II di Svevia, da cui Salerno e tutta la costiera trassero grandi e tangibili benefici. E famosi in tutto il mondo furono la grande libertà di pensiero e i princìpi di razionalità scientifica praticati dalla celebre Scuola medica salernitana, come anche da molti esponenti di punta della gloriosa Repubblica marinara di Amalfi (sorella – anche se, spesso, inevitabilmente , rivale – di Salerno).
Poi, come si sa, i tempi cambiarono, e, col Rinascimento, scese sul Mezzogiorno il vero Medio Evo del fanatismo religioso, dell’oscurantismo ideologico, dell’intolleranza e della violenza. Non solo gli ebrei lasciarono quelle meravigliose contrade – spesso, per non farvi mai più ritorno -, ma molti scienziati, librai, medici, alchimisti, ricercatori e liberi pensatori furono costretti o indotti a cercare fortuna presso altri, più accoglienti lidi. Ma la luce di Salerno, nonostante tutto, non si è spenta: e non appare un caso se proprio su quelle spiagge, nel settembre 1943, le navi degli Alleati sono approdate, nel momento forse più tragico e buio della storia dell’umanità, per ridare al mondo una speranza di riscatto. Non è solo il grande Museo dello Sbarco a dare testimonianza di quel fondamentale momento storico, e a rendere onore a tutti coloro che hanno ad esso contribuito, ma – senza indulgere alla retorica -, a farlo sono anche tutti quei salernitani che, settant’anni dopo, tengono ben alta – con il loro attaccamento ai valori di “virtute e conoscenza” – la bandiera – anzi, il gonfalone – di Salerno.
Non ci resta, pertanto, che fare gli auguri alla neonata Associazione, che va ad arricchire i già folti ranghi della Federazione delle Associazioni Italia-Israele, complimentandoci con il Presidente, Ernesto Pintore, il Vice-Presidente, Alberto Mirabella, il Segretario, Dario Annunziata, oltre che con Rafael Erdreich (Ministro Consigliere per gli Affari Pubblici e Politici dell’Ambasciata d’Israele in Italia, che ha svolto un’interessantissima relazione su “Le componenti dell’ecosistema dell’innovazione israeliana”, dedicata alle prodigiose conquiste tecnologiche del piccolo Paese “start up”), Giuseppe Crimaldi (Vice-Presidente della Federazione delle Associazioni Italia-Israele, che ha portato il saluto della Federazione), i giuristi Francesco Fasolino e Virginia Zambrano e il filosofo Pasquale Giustiniani (autori di interventi di grande spessore, che hanno contribuito, da diverse angolazioni, a dare il senso dell’evento).
Una bella iniziativa, volta a ricordare, riflettere, costruire, alimentando quegli ideali di civiltà, armonia, umanesimo tanto profondamente incisi nell’anima di Salerno. Non una “città ribelle” (come qualcuno vorrebbe far diventare una vicina metropoli), ma una comunità di uomini liberi, orgogliosi del loro passato, responsabili nel presente, e determinati a costruire un futuro migliore.

Francesco Lucrezi, storico

(21 maggio 2017)