Minaccia islamica e ius soli
Negli ultimi tempi sono in molti coloro che fanno nuovamente ricorso a parole come “identità”, “tradizione”, “difesa della patria” o che auspicano un rafforzamento della cultura nazionale per opporsi al multiculturalismo, alla “minaccia islamica” o come recentemente, allo ius soli. In realtà sebbene queste parole siano dal Novecento appannaggio per lo più di ultra-nazionalisti e xenofobi, il discorso sull’identità o sull’appartenenza ad un gruppo culturale, etnico, o religioso non dovrebbe far parte di questa retorica e soprattutto dovrebbe esulare dalla xenofobia. Storicamente pare che alcuni gruppi minoritari diasporici o privi di uno stato-nazione siano meglio predisposti a comprendere o ad accettare le differenze delle altre culture, mentre spesso quelli che si percepiscono come esclusivi e maggioritari all’interno di stati nazionali si lasciano più facilmente andare ad argomenti suprematisti e intolleranti se non apertamente razziali. Il più delle volte però chi sostiene di voler tenere alto il valore della “patria”, delle proprie origini nazionali o religiose, o della proprie tradizioni o storia, non fa riferimento a qualcosa di vero o realmente esistito, ma piuttosto a un costrutto ideologico, ad una narrativa epurata di qualsiasi fattore imbarazzante o ambiguo e a un passato fittizio e mitizzato. Ciò non distingue il radicalismo islamico dall’estremismo di destra, entrambi sono prodotti dello sradicamento e del nichilismo emerso nell’individuo spersonalizzato e nella società globale.
Un’accurata valorizzazione delle proprie radici dovrebbe condurre invece l’uomo ad una maggiore comprensione delle differenze culturali, egli scoprirebbe così che tutte le culture hanno relazioni tra loro o come eredità elementi eterogenei e storie di oppressione. Chi afferma che un mondo privo di identità e culture locali sarebbe migliore non è ben consapevole che in quel mondo in parte ci vive già. Le biografie degli attentatori che hanno colpito in questi anni le città europee testimoniano che essi fossero individui in gran parte ai margini, alienati o scissi dalle proprie origini e che proprio nella ricerca di queste e di una comunità d’appartenenza si sarebbero imbattuti nella trappola del radicalismo e della neo-umma, la quale condivide come il nazionalismo esasperato, l’odio per l’altro e per il multiculturalismo.
La lotta verso questo tipo di estremismi non dovrebbe allora escludere una riflessione su un’identità autentica capace di convivere nella reciprocità con il prossimo nonostante le differenze inevitabilmente insite in ogni essere umano.
Francesco Moises Bassano
(23 giugno 2017)