POESIA L’arte di ricamare con le parole
Agi Mishol / RICAMI SU FERRO / Giuntina
Scrivere poesia è, per Agi Mishol, “trovare le parole tra cui scocchi una scintilla elettrica”. Scintille che illuminano con il loro bagliore improvviso frammenti di vita quotidiana, il profilo di un oggetto, l’emozione di un incontro, la tenerezza di un contatto o di un ricordo.
Nata in Romania nell’immediato dopoguerra, figlia di sopravvissuti alla Shoah che emigrarono in Israele quando aveva quattro anni, Mishol è forse la più importante poetessa israeliana vivente. Giuntina ha mandato da poco in stampa il suo corposo “Ricami su ferro” (a cura di Anna Linda Callow e Cosimo Nicolini Coen).
Questa autrice si muove nella realtà che la circonda trasfigurando la banalità del quotidiano, conferendo significati inattesi a gesti, momenti e paesaggi. Allo stesso modo il suo sguardo ora dolente e compassionevole, ora graffiante, ma sempre alieno da ogni retorica, si posa su squarci di storia recente e contemporanea, sollecitando nuovi interrogativi e nuove risposte.
Mishol ha ricevuto numerosi riconoscimenti (anche in Italia, dove nel 2014 le fu conferito il premio Lerici Pea) ed è chiamata a tenere conferenze e interventi in molti Paesi. A Tel Aviv dirige la scuola di poesia Helicon. Ha detto lo scorso anno in una intervista a Pagine Ebraiche: “La lingua […] è un organismo vivente. La rinascita dell’ebraico è una grandissima realizzazione del sionismo, ma allo stesso tempo l’ebraico ci porta continuamente in luoghi nuovi, è qualcosa di vivo, in perenne divenire. I poeti hanno antenne particolarmente sensibili per tutto questo.”
Questo suo “Ricami su ferro” è un buon punto di partenza per affacciarsi sul composito e vivace mondo della poesia israeliana.
Marco Di Porto