Qorach…

Qorach resta per sempre il prototipo del sobillatore, che, con le sue argomentazioni seduttive e apparentemente ragionevoli, persegue l’affermazione del suo potere personale piuttosto che l’unità e la crescita della Comunità. Spesso le spaccature comunitarie nascono proprio quando una nobile causa si trasforma in un un’ideologia di partito, quando sotto al manto di una giusta idea si camuffa un disegno politico, populista e demagogico, che di ebraico ha solo la patina.
Il Midrash descrive Qorach come un uomo molto ricco, con buone relazioni pubbliche. Un abile “opinion maker” che sa plagiare e fomentare le persone facendosi portavoce del loro disagio autentico, ma che nella vita reale non è costretto a vivere in prima persona. Insomma un tipico “radical chic” che, sfruttando la sua privilegiata posizione, gioca con le idee senza doverne pagare mai il prezzo. Qorach non è altro che un rivoluzionario un po’ snob al quale conviene di più criticare e distruggere il lavoro degli altri che mettersi personalmente in gioco. Qorach, vittima di un terremoto da lui stesso provocato, viene inghiottito dalla sua stessa ingordigia. Alla provocazione di Qorach sul fatto che Moshè e Aron si sarebbero assunti troppi incarichi innalzandosi al di sopra della Comunità, i cui componenti dovrebbero essere invece tutti uguali, Moshè risponde che non si tratta tanto di innalzarsi quanto piuttosto di “stare in piedi davanti alla Comunità per servirla” (Bemidbàr, 16 ; 3 -9). Un’inquietante questione che si ripropone nella nostra vita istituzionale: la differenza tra il servirsi della Comunità e il mettersi umilmente al servizio di essa.

Roberto Della Rocca, rabbino

(27 giugno 2017)