Aie, un presidente nel nome del Libro
Poco dopo essere stato designato come candidato alla presidenza dell’Associazione Italiana Editori (Aie), Ricardo Franco Levi aveva anticipato in un’intervista a Pagine Ebraiche i temi che intendeva rendere durante la sua presidenza. E nelle scorse ore, appena confermata la sua elezione, ha ribadito: “Dobbiamo mirare a imporre il tema dell’istruzione e della conoscenza come questione di primario e decisivo interesse nazionale. È una sfida che non potremo né affrontare nè, men che meno, vincere da soli”. Nato a Montevideo sessantotto anni fa, giornalista e politico noto per il suo impegno nell’ambito editoriale, è anche apprezzato consigliere della Fondazione Beni Culturali Ebraici, e rivendica con fierezza la sua appartenenza ebraica. Riproponiamo qui l’intervista pubblicata sul numero scorso di Pagine Ebraiche.
Ricardo Franco Levi nel nome del libro
Designato come prossimo candidato alla presidenza dal consiglio generale dell’Aie, l’Associazione Italiana Editori, Ricardo Franco Levi è giornalista e politico noto per il suo impegno nell’ambito editoriale e rivendica con fierezza la sua appartenenza ebraica, un’appartenenza che si intreccia strettamente con l’impegno di una vita. “Certo, è evidente come il collegamento ci sia, forte e inevitabile. La definizione di ‘Popolo del Libro’ non è casuale, no? Le parashot sono lettura settimanale, e stiamo parlando di un popolo che già all’epoca della distruzione del secondo tempio, nel 70 EV, aveva una norma che prescriveva a ogni ebreo di sapere leggere e studiare la Torah in ebraico e di mandare i figli a scuola o in sinagoga, dall’età di sei o sette anni, affinché anch’essi imparassero a farlo”.
Proprio il diritto allo studio e alla conoscenza sono la prima cosa su cui intende puntare: “È esattamente quello, il mio obiettivo principale. Insieme alla lettura, il diritto allo studio e alla conoscenza devono diventare una questione di interesse nazionale. È la sfida più grande, dobbiamo non solo assumerla e farcene carico, ma vincerla, mettendo in campo tutte le energie disponibili sia a livello nazionale, che regionale, che locale, coinvolgendo sì gli editori, che sono ora candidato a guidare e rappresentare, ma anche i librai e i bibliotecari, il cui apporto è fondamentali per la loro passione e soprattutto per la loro competenza”.
Il primo passaggio, quando il 28 giugno verrà ratificata la nomina, sarà di ascoltare e conoscere a fondo tutte le anime di un’Associazione in cui al momento ognuno pare andare per la propria strada. “Se fossimo davvero scoordinati e poco uniti come mi pare si sia al momento non possiamo pretendere di andare lontano, mentre l’Italia ha assolutamente bisogno di riconoscere che la conoscenza e l’accesso alla conoscenza sono fondamentali per unire”. È impressionante, sottolinea, la corrispondenza fra le aree dove l’accesso alla conoscenza è ai valori più bassi dei parametri disponibili e le zone più problematiche anche dal punto di vista economico e sociale. E questo è pare di un altro problema che è da affrontare con estrema urgenza: “L’Italia è il paese più ignorante d’Europa. Possiamo tentare di addolcire la situazione con parole differenti, ma la realtà è questa. Siamo il paese con meno laureati, con la più bassa partecipazione a corsi post laurea, con il dato più alto sull’abbandono sclastico e la minore passione per lettura. Il dato incredibile è quello sui libri letti durante l’anno, che è impressionante anche tra le persone che hanno un ruolo impotante, di rilievo. Anche i dirigenti non leggono. In questa situazione gli editori si devono mettere in gioco, stare in prima fila, devono mettere da parte gli altri problemi, e lavorare uniti. Perché l’intesa tra grandi e piccoli ci può essere”.
Il senso della sua candidatura, al di là delle recenti polemiche sull’operato del suo predecessore, foriero di una spaccatura molto evidente, si trova anche nella volontà di allacciare rapporti solidi con le istituzioni, un ruolo che svolge anche per la Fondazione dei Beni Culturali Ebraici in Italia, di cui è consigliere attivo e molto apprezzato, ed è stato consigliere anche del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, un ruolo da cui si è voluto dimettere al momento dell’incarico politico. “Avrò moltissimo da fare, nei prossimi mesi, questo è sicuro – conclude – ma al mio ruolo nella Fondazione tengo moltissimo, e non ho nessuna intenzione di ridurre il mio impegno”.
Ada Treves, Pagine Ebraiche giugno 2017
(29 giugno 2017)