Locarno – L’ultimo viaggio di Stefan Zweig
È il 1936, l’anno in cui i destini d’Europa e degli ebrei d’Europa vacillano sul bordo del precipizio. Stefan Zweig, mostro sacro della cultura mitteleuropea, travolto dal successo e dalla fama che ha baciato in vita ben pochi scrittori più di lui, decide di lasciare la sua amata Salisburgo, la sua Austria ormai alla mercé di una annessione annunciata, la vecchia Europa di cui non riconosce il volto.
Il mondo di lingua tedesca vede allontanarsi il suo scrittore più venerato, il Vecchio Continente perde una delle voci più autorevoli della resistenza civile al nazismo e alle altre dittature che lo flagellano.
Zweig mostra di credere che un altro orizzonte sia possibile. E si dirige verso il Sud America seguito dalla fedelissima seconda moglie Lotte. Approda in Brasile, si lascia festeggiare e accogliere con tutti
gli onori, si innamora di una terra unica e stravolgente e comincia ad esplorarla fino alle regioni più remote. Ma gli incontri con gli altri rifugiati non lo convincono, l’avanzata dei nazifascisti gli appare come un segno della fine dell’umanità. E la scrittura, così fluida da aver regalato negli anni precedenti a milioni di lettori, innumerevoli pagine indimenticabili, incespica, si fa più faticosa. Il nuovo film della sperimentata Maria Schrader “Vor der Morgenrote” (Prima dell’alba) torna sul grande scrittore austriaco proprio quando la gloria di Zweig conosce un ritorno rovente. Nuove edizioni, rivalutazioni di un genio che seppe essere parlare a schiere innumerevoli di lettori senza mai scadere nella banalità, il successo travolgente di un film esilarante tutto ispirato ai temi di Zweig come il Grand Budapest Hotel di Wes Anderson, tutto congiura per riproporre lo Zweig brillante e trionfante che ha attraversato come una meteora luminosa i primi decenni del Novecento. Ma nel suo film la Schrader, che fa ricorso a interpreti eccezionali e mette in scena un mostro sacro del Burgtheater di Vienna come Joseph Hader assieme a Barbara Sukowa, sceglie di parlarci con un ritratto profondamente umano del lato oscuro di Zweig, quello che rifiutò l’Europa e infine scoprì, senza voler attendere una nuova alba, che dell’Europa non sapeva fare a meno. Fino al clamoroso suicidio, suo e della sua amata, che segnò l’estremo rifiuto, l’ultimo no alla barbarie che avanzava.
Pagine Ebraiche, novembre 2016