…Hebron
L’Autorità Palestinese chiede venga riconosciuta come Patrimonio dell’umanità la Città Vecchia di Hebron. Di fatto, ne sta rivendicando la proprietà, quanto meno morale e storica. La cosa, in sé, potrebbe anche lasciare indifferenti, se non fosse che la mossa implica anche il riconoscimento di appartenenza palestinese della Tomba dei Patriarchi, che a Hebron si trova. È la tomba in cui tradizione vuole siano sepolti Abramo, Isacco, Giacobbe e alcune delle loro mogli.
Sarà difficile che l’Unesco dia torto ai Palestinesi, visti i precedenti del Muro del Pianto e del Tempio di Salomone.
Qui la politica non c’entra, o almeno non dovrebbe entrarci, visto che l’Unesco è (o dovrebbe essere) un’istituzione culturale. C’entra invece l’onestà intellettuale. Lo abbiamo già scritto: è in atto una spudorata manovra di ribaltamento della storia, come se la storia dell’Islamismo volesse sostituirsi alla storia dell’Ebraismo dichiarando la propria priorità. La storia ebraica e la Bibbia stessa vengono soppiantate, anzi cancellate, dall’Unesco per compiacere Palestinesi e Paesi arabi.
La storia viene vergognosamente riattualizzata, in un ennesimo atto di prevaricazione finalizzato al rifiuto della storia ebraica. Che la manovra abbia fini politici non vi è dubbio. Che sia di fatto un atto di antisemitismo è altrettanto fuori di dubbio.
Qui il problema non sono Netanyahu e il suo governo, che possono anche essere corrotti, prepotenti, insensibili alle istanze palestinesi. Qui il problema è, a grandi lettere, l’antisemitismo. Israele ha il dovere morale di risolvere il problema israelo-palestinese, ma l’antisemitismo non scomparirà. È inutile illudersi.
Agli ebrei non resta che cogliere il vento che soffia attorno a loro e prenderne atto. Reagire è difficile, perché l’Internazionale ebraica non esiste e quindi, diversamente da quel che pensano e dicono gli antisemiti, non ha alcuna forza. Si può alzare la voce, naturalmente, è un dovere, ma il risultato lo si prevede facilmente.
O ci si può solo preparare alla fuga, una volta ancora. Ma dove?
Vale la pena cercare di sorridere. La ricordate la barzelletta?
Nel 1939, a Vienna, un ebreo vuole lasciare il paese per mettersi al sicuro. Si reca in un’agenzia di viaggi.
“Vorrei un biglietto.”
“Per dove?”
“Non lo so. Non ho preferenze. Ha un mappamondo?”
“Sì, certo. Eccolo”. L’ebreo fa girare il mappamondo e punta il dito su un paese a caso.
“Inghilterra!
“Eh, mi spiace: chiedono il visto.”
L’ebreo gira di nuovo il mappamondo e ripunta il dito a caso: Stati Uniti!
“Oh, che peccato: non accettano più ebrei.”
L’ebreo gira ancora il mappamondo: Sudamerica! “Ma, veramente, è un posto poco sicuro”.
L’ebreo punta ancora il dito: Australia! “Bellissima scelta. Ma c’è una lista d’attesa di parecchi anni!”
“Scusi,” chiede l’ebreo, “non avrebbe un altro mappamondo?”.
Dario Calimani, Università di Venezia
(4 luglio 2017)