Passi avanti e vigilanza
Sono passati solo cinque mesi da quando, in febbraio, celebrammo il “Patto nazionale per l’Islam italiano, espressione di una comunità aperta, integrata e aderente ai valori e principi dell’ordinamento statale”, firmato al Viminale da nove associazioni islamiche. Senza tacerne il carattere embrionale, e la dimensione programmatica rispetto al faticoso processo di integrazione, ci parve allora un primo passo comunque significativo.
Apparentemente, avevamo ragione. Nei giorni scorsi una delle nove sigle presenti al tavolo, la più ampia, rappresentativa e anche discussa, l’UCOII, ha inviato al ministro dell’Interno Marco Minniti 62 pagine di censimento di luoghi e ministri di culto islamici in Italia. Si tratta certamente di un lavoro parziale – di cui andrebbe predisposta anche una versione scaricabile online – ma comunque prova di un grande sforzo di trasparenza e apertura da parte dei musulmani.
Nel rapporto si trovano nomi, numeri di telefono, indirizzi, elenco delle attività, tipologia dei fabbricati in cui si svolgono. Una sorta di auto-schedatura, un gesto nei confronti dello Stato. Dai primi dati (mi rifaccio a Goffredo Buccini sul “Corriere”) emergono alcune informazioni interessanti, che pongono interrogativi politico-culturali e problemi: solo l’1% delle moschee si trova in locali adatti sul piano urbanistico e architettonico; i capannoni industriali rappresentano il 35% del totale, a fronte del 20% dei garage e del 9% degli scantinati; non mancano – a riprova della serietà dell’indagine – un 15% di comunità che si ispirano al salafismo, la corrente più tradizionalista dell’Islam e quindi quella da osservare con maggiore preoccupazione.
Molte volte abbiamo affermato che spetta ai musulmani, con i loro comportamenti, dimostrare alle istituzioni e agli italiani che la presa di distanza dall’estremismo non si traduce in una enunciazione solo formale di principi. Ovviamente, la strada è lunga e accidentata. Proprio per questo, però, bisogna apprezzare i progressi compiuti. E continuare a vigilare.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas Twitter: @tobiazevi
(4 luglio 2017)