In ascolto – “Io sono il trovatore”

milano“Io sono il trovatore, vado per terre e città e ora che sono giunto in questa, lasciate che prima di partire io canti”, dice Angelo Branduardi a inizio concerto, accogliendo con la consapevolezza della maturità artistica, quel titolo da cui per molti anni, ha in qualche modo cercato di prendere le distanze. Il pubblico sorride e ascolta con attenzione il grande menestrello che canta, suona e offre riflessioni colte e profonde sul senso della musica.
Sono a Loano, nell’arena del centro storico, tra i piccoli carugi illuminati e le pareti in pietra tappezzate di bouganvillea. L’aria fresca della sera porta il profumo del mare e le donne si avvolgono in ampi foulard. Niente chiasso, né suoni elettronici, solo l’essenza della musica, all’insegna del “meno c’è meglio è”, per questo concerto in cui Angelo Branduardi si esibisce insieme a Maurizio Fabrizio, straordinario chitarrista, autore e arrangiatore, con cui collabora da 45 anni.
“Vorrei che stasera la musica ci portasse a 50 cm da terra” dice l’artista e il pubblico viene accompagnato in viaggio tra le epoche, tra arie di Monteverdi e canzoni di John Dowland, fino ai brani più recenti e all’indimenticabile “Rosa di Galilea”, altrimenti conosciuta come “Il ciliegio”, una ballata medioevale inglese con testo ispirato al vangelo apocrifo dello Pseudo Matteo.
Sono passati oltre 40 anni da “Alla fiera dell’est”, uno dei brani di Branduardi forse più conosciuti dal pubblico di ogni età. La sua “Alla fiera dell’est”, nata da Chad Gadya, l’antica melodia con testo in aramaico cantata in ogni seder di Pesach, non ha per protagonista un capretto ma un topolino e qualche anno fa la compagnia telefonica israeliana Pelephone utilizzò proprio questa versione per la propria pubblicità in occasione della pasqua.
“Alla fiera dell’est” uscì nel 1976 e certo, come è stato dichiarato più volte, quella di Branduardi fu una scelta coraggiosa, perché erano gli anni dei grandi cantautori, della canzone impegnata, del rock progressive e a chi poteva saltare in mente di proporre ballate medioevali e suoni da menestrello? Vero, ma credo che la scelta più coraggiosa Angelo Branduardi la stia facendo oggi, mettendosi di fronte a un pubblico che ha le orecchie sature di suoni e rumori, un pubblico che volente o nolente si è ormai abituato alla barbarie dei reality canori e alle sparate di certi esponenti del mondo musicale italiano, evidentemente ormai privi di gusto e buon senso.
Grazie Angelo Branduardi, a Loano ci hai davvero portati a 50 cm da terra e almeno per una sera non ci siamo dovuti sentire “come i tori a Pamplona”.

Maria Teresa Milano

Consiglio d’ascolto:

(6 luglio 2017)