Ius soli
La legge italiana 5 febbraio 1992, n. 91 prevede che acquisti di diritto alla nascita la cittadinanza italiana, colui i cui genitori (padre o madre) siano cittadini italiani (cd. acquisto iure sanguinis). La legge prevede altresì un diverso acquisto iure soli, ossia per il legame con il territorio italiano. La fattispecie più rilevante è prevista dall’art. 4, comma 2, secondo il quale lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, diviene cittadino se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data.
Invece, il disegno di legge 2092, approvato dalla Camera ed all’esame del Senato, prevede delle modifiche alla suddetta legge 91/1992 legge, secondo le quali è cittadino per nascita chi sia nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri, di cui almeno uno sia titolare del diritto di soggiorno permanente ai sensi dell’articolo 14 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, o sia in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo di cui all’articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
Il sistema proposto non sembrerebbe molto diverso da quello tedesco e da quello britannico, che richiede che i genitori siano titolari di un Indefinite leave to remain, il quale Leave si basa su un sistema a punti a seconda delle capacità del migrante; si consideri che in precedenza vi era uno ius soli secco, privo di questi requisiti. Invece, il sistema italiano in vigore è molto più liberale di quello francese (codice civile, art. 17 ss.) e presenta analogie con quello spagnolo (codice civile, art. 17 ss.),
Lo ius soli secco (senza condizioni) è tipico del continente americano, continente di immigrazione, che doveva popolare il territorio, mentre lo ius sanguinis è tipico dei paesi di emigrazione, che tendono a mantenere i rapporti coi loro cittadini all’estero (come si evince fra altro dal nostro art. 16 disp. prel. c. c., che prevede la condizione di reciprocità). Inoltre, come abbiamo visto, i Paesi latini tendono a restringere o escludere il criterio dello ius soli, mentre gli altri tendono ad inserire lo ius soli, subordinandolo però a requisiti talvolta rigorosi. Una via di mezzo è costituita dalla Risoluzione 1457/1959 della Lega Araba, che impone agli Stati arabi di non attribuire la cittadinanza ai richiedenti di origine palestinese dichiarando che lo scopo è di impedire la loro assimilazione nei Paesi ospitanti. Certo, è una versione estrema, però non è sbagliato concludere che ciascuno Stato adotta una politica in tema di cittadinanza seguendo gli interessi nazionali.
Emanuele Calò, giurista
(11 luglio 2017)