preghiera…
Il Digiuno del 17 di Tamuz, che ricorreva ieri, è caratterizzato da diversi significati, tra questi quello di ricordare il definitivo venir meno, nell’infuriare dell’assedio babilonese a Gerusalemme che di lì a poco avrebbe portato alla conquista della città e alla distruzione del Santuario, dell’offerta sacra, olocausto quotidiano – olat tamid – che due volte al giorno, al mattino e al pomeriggio, veniva presentata sull’altare. L’importanza straordinaria di questa offerta quotidiana è espressa da un sorprendente midrash riportato nell’introduzione alla raccolta di midrashim intitolata “En Yaakov”. Questo midrash ci riferisce di una discussione tra i Maestri relativa a quale versetto della Torah comprenda nella forma più ampia i suoi principi e valori essenziali; uno dei Maestri, Ben Zomà, cita il primo versetto dello Shemà, l’unicità di D.O, un altro, Ben Nanas, suggerisce il comandamento dell’amore per il prossimo, infine un terzo, Rabbi Shimon ben Pazì, propone il versetto che prescrive i sacrifici quotidiani. Come possiamo spiegare questa affermazione, che addirittura considera più rappresentativo dell’essenza della Torah il comandamento relativo all’offerta quotidiana piuttosto che quello sul monoteismo o sull’amore per il prossimo? Questo insegnamento ci propone come valore fondamentale l’importanza di un legame con il Signore che si manifesta, giorno per giorno, anche nell’apparente grigiore della vita quotidiana, senza che alcun evento straordinario, né personale né della collettività lo renda particolarmente attuale, senza che nessuna evenienza, nessuna urgenza ce lo imponga nell’immediatezza, semplicemente sentire giorno per giorno che la nostra vita e tutto ciò che ne fa parte è indissolubilmente legata a D.O, ricordandolo, come prescrive la Torah, due volte al giorno, in modo specifico attraverso la preghiera quotidiana, da quando non abbiamo più il Santuario. C’è anche un altro aspetto che rende l’offerta quotidiana in un certo senso più comprensiva dei valori della Torah rispetto alle altre due proposte: il comandamento del monoteismo, contenuto nel primo versetto dello Shemà, rappresenta il fondamento di tutto il nostro legame con il Signore – “ben adam la-Makom”, il comandamento dell’amore per il prossimo riassume tutti i nostri doveri nei confronti delle persone – “ben adam lachaverò”. Il precetto dell’offerta quotidiana – e della preghiera che ne ha in parte preso il posto – contiene entrambi questi aspetti, in quanto è rivolta a D.O ma deve esprimere un sentimento di assoluta condivisione con la collettività, il cui bene e le cui necessità devono essere anteposte dal singolo rispetto al ristretto e spesso più meschino bene individuale. Questa continuità quotidiana della ricerca di legame con il Signore, presenta tuttavia un rischio, quella di tramutarsi in una forma di routine in cui la freschezza e l’intensità del sentimento potrebbero venir meno; forse per prevenire questa decadenza, il comandamento della Torah richiama l’offerta quotidiana all’evento più straordinario della coscienza ebraica, è infatti detto “Olocausto quotidiano, offerto dai giorni del Monte Sinai” (Numeri 28,6); si tratta quindi rinnovare nella nostra semplice preghiera – potremmo dire nello stesso svolgersi della vita quotidiana – l’emozione e il sentimento che i figli d’Israele percepirono nel momento in cui stabilivano il Patto con l’Eterno e ne ascoltavano le Parole.
Giuseppe Momigliano, rabbino
(12 luglio 2017)