leader…
Prima di congedarsi Moshè chiede all’Eterno di nominare la nuova guida del popolo ebraico, specificando alcune doti che vorrebbe trovare nell’uomo designato.”Moshè parlò al Signore dicendo così: “Nomini l’Eterno, il Signore degli spiriti di ogni vivente, un uomo a capo della Comunità, il quale proceda davanti a loro e che rientri alla loro testa, che li possa far uscire e li possa far rientrare, affinché la Comunità del Signore non sia come un gregge che non ha pastore”.(Bemidbar, 27; 15 – 17). Secondo Rashì, l’implicito significato della preghiera di Moshè è questo: “Signore dell’Universo, Eterno che ha dato la vita a ogni carne, tu conosci le menti degli uomini e come la mente di uno differisca da quella di un altro. Nomina loro un capo che sappia accettare e capire i diversi intendimenti di ciascuno dei tuoi figli”. Il vero leader non è l’uomo di una sola idea, ma colui che è capace di comprendere tutti i punti di vista. Un uomo quindi al di sopra della comunità, al di sopra di ogni politica di partito. “Un uomo che vada avanti a loro…”, che si metta in gioco in prima persona, insomma non uno che dice “armiamoci e partite…! “…uno che li possa far uscire e li possa far rientrare…”, insomma .uno che sappia guidarli (alla guerra) e sappia riportarli (a casa)…”. Un leader deve essere ben conscio che una cosa è portare un popolo in guerra e un’altra è farlo uscire da una situazione critica e di pericolo e riportarlo a una situazione protetta e controllata, al riparo da rischi. Questo ultimo compito è molto più difficile. Un vero capo deve saper fare entrambe le cose.
Roberto Della Rocca, rabbino
(19 luglio 2017)