Mazal tov Grazia
Collegio rabbinico, ore 5 del pomeriggio. I corridoi sono affollati come sempre ma la “quota rosa” sembra prendere il sopravvento. Allegre e disciplinate, emozionate e partecipi, le amiche e le compagne di corso di Grazia Gualano sono tutte lì. Solo qualche minuto e a Grazia verrà conferito il titolo di Bagrut. Il secondo dopo molto tempo perché il corso (equivalente a quello di “Maskil”) è un impegno molto serio. Lo testimoniano, incalzanti, le domande che si susseguono nel corso dell’esame. La Commissione, composta dal direttore rav Riccardo Di Segni, rav Alfonso Arbib, rabbino capo di Milano e membro della Consulta rabbinica, rav Gianfranco Di Segni e Luisa Basevi, non concede un attimo di tregua. Halakhà, Tanakh, Torah – e che ci dici di Rashì? – e poi ancora storia ebraica, dalla distruzione del Tempio di Gerusalemme alla fondazione dello Stato d’Israele, e poi cashrut, le candele dello Shabbat e le regole del Kiddush (“può una donna fare il Kiddush al posto dell’uomo?”), la struttura della tefillà, lingua ebraica. Grazia – che declina il suo ebraico senza mai rinunciare alle sonorità della sua terra, Sannicandro – tiene testa come sempre. Anni di studio duro ma anche anni ricchi di relazioni. Perché parlano i nostri testi e i nostri Maestri ci accompagnano. Non sono previste soste.
Un Diploma coi fiocchi che si conclude con un brindisi alla presenza dei genitori di Grazia, delle compagne e amiche, della commissione al completo.
Iaia Shulamit Vantaggiato
(19 luglio 2017)