Oltremare – Pietre
Dalle nostre parti quando viene l’estate è facile perdere il senso delle proporzioni. Il caldo annebbia la vista e obnubila la ragione, e confonde l’orizzonte che qui è netto sia sul mare sia sui bassi e tondi monti della Giudea soltanto d’inverno. D’estate, l’orizzonte si perde in un pulviscolo di afa sul mare e di polvere sulla terra. Basterebbe accettare questa realtà atmosferica e metereologica, farla propria e aspettare l’inverno per regolare conti, umani e divini, e potremmo vivere tutti in un luogo di pace e bellezza pura. Quando la vista non è chiara, per esempio, può succedere di trovarsi in un luogo pieno di pietre, e pensare che quelle pietre nascondano un qualche genere di potere, una importanza trascendente che le rende degne di ogni sforzo pur di possederle. Sono pietre chiare, quasi bianche, che all’alba e al tramonto prendono un colore meraviglioso che va dal dorato al rosa, sono cubitali e nonostante ciò, umani come noi le hanno ordinate in quel modo, in verticale, a formare mura immense ma non invalicabili e anzi, valicate e atterrate più volte nel corso della storia. E allora dovrebbe esserci lampante che quelle sono davvero solo pietre, e che il fatto che siano in un luogo del mondo piuttosto che in un altro è un fatto della storia, è qualcosa che ha riempito le vite di generazioni di ebrei in un’epoca lontana e non più raggiungibile. Un’epoca aurea ma fatta fra l’altro anche di guerre e violenza e sacrifici di animali e trame politiche e tradimenti. Dunque bisognerebbe che tutti prima o poi salissero nella capitale, e che guardandosi i piedi realizzassero che stanno camminando su della semplice pietra bianca, che ne ha viste di tutti i colori. E che nessuna pietra, per trascendente che sia, vale la vita di un uomo. Una volta acquisita questa nozione, si potrebbe fare un respiro profondo, e provare a trovare soluzioni umane a questioni di pietre.
Daniela Fubini, Tel Aviv
(24 luglio 2017)