…migranti

Il dibattito sullo ius soli, oltre ad accendere gli animi, ha messo in movimento menti e cuori non adusi al pensiero onesto e all’empatia. Se ne van dicendo e scrivendo di ogni sorta, in pubblico e in privato. L’immaginario di chi legge si alimenta di fandonie e di catastrofiche previsioni. I nostri figli verranno sopraffatti dalle orde di immigranti che sottrarranno loro ogni possibilità di lavoro e metteranno a repentaglio la loro sicurezza personale. Per non parlare della contaminazione razziale che guasterà la purezza delle loro future generazioni. Il dibattito si arricchisce di immagini e mostri che sono un insulto all’intelligenza e ti fanno vergognare di appartenere alla stessa umanità.
Che l’ondata migratoria possa essere solo l’inizio di un esodo di grandi proporzioni è vero. L’Europa è palesemente impreparata, l’Italia si ritrova sola di fronte all’emergenza e sta boccheggiando. A fronte di chi pensa che non si possa rimanere indifferenti a osservare la tragedia c’è chi pensa al proprio specifico interesse e alla propria sicurezza. Il mondo è fatto così. Sono i due atteggiamenti che da sempre si confrontano nel mondo e nella vita: essere per sé o essere anche per gli altri.
Non esiste, in questi casi il giusto mezzo, perché si pensa che ne vada della salvezza – o quella propria o, in necessaria alternativa, quella dell’altro. E in un caso e nell’altro bisogna scegliere, la propria assoluta sicurezza o quella (relativa) dell’altro. Quando ci sono movimenti viscerali di questo genere che riguardano la sopravvivenza non è facile ragionare e far ragionare. Si può solo prendere atto della diversità di opinioni, di sentimenti, di filosofia di vita. Ma non ci sono lezioni da dare.
Si può, tuttavia, proporre di ricordare che forse molti di noi sono il prodotto di una migrazione. Che se non ci fosse stato riconosciuto un giorno da qualcuno il diritto alla cittadinanza saremmo ancora migranti sulla faccia della terra. Migranti mitici o migranti storici. Molti di noi, migranti della cronaca non troppo lontana. E molti di noi, magari, con addosso ancora nomi e cognomi che italiani in senso proprio non sono davvero. Eppure, loro, italiani lo sono, al sicuro nella loro casa con il loro tranquillo, seppur sudato, lavoro. Nessuno li caccia, nessuno li annega. Nessuno li guarda come nemici, o ladri di esistenze altrui.
Di questi tempi mi preoccupa moltissimo il sentimento antisemita che sta percorrendo tutta la nostra società. Ma mi preoccupa molto anche il sentimento razzista che molti coltivano e accarezzano per difendere la propria quieta esistenza a scapito di quella dell’altro. Spero non accada presso noi ebrei. Lasciamolo, quel sentimento, a coloro la cui cultura ha insegnato, nei secoli, come nutrirlo e come tenerlo in vergognosa vita.

Dario Calimani, Università di Venezia

(25 luglio 2017)