viaggiare…
“..E questi sono i viaggi dei figli di Israele… Moshè, per ordine dell’Eterno, registrò i luoghi delle loro partenze, viaggio per viaggio; e questi sono i loro viaggi, luogo per luogo….” (Bemidbàr, 33; 1- 2).
In questo stesso verso la Torà inverte l’ordine delle parole, la prima volta anticipa i luoghi di sosta ai viaggi, mentre la seconda volta si parla prima dei viaggi e poi dei luoghi di sosta. Non è chiaro se in questo percorso sia più determinante il luogo da cui si esce o quello a cui si approda. La radice n-s-‘, che in ebraico indica il “viaggiare”, richiama anche l’azione dello scrollarsi di dosso qualcosa. Viaggiare significa infatti liberarsi di alcuni fardelli di un’esperienza vissuta per entrare più strutturati in una situazione nuova. Ogni tappa comporta una fuoriuscita da un vissuto che ci ha insegnato qualcosa che ci permette di andare avanti. Questo è il motivo profondo per il quale il Sefer Torà, quando torna nell’Aròn Ha Qodesh dopo essere stato letto, deve fare un altro itinerario da quello percorso per raggiungere il luogo della lettura. Lo stesso identico principio viene ribadito quando saliamo alla lettura pubblica della Torà, dalla quale non dobbiamo tornare al nostro posto percorrendo la stessa strada dalla quale siamo saliti. Se dopo aver vissuto un’esperienza importante torniamo sui nostri stessi passi e questo “viaggio” non ha determinato alcun cambiamento in noi, è segno che siamo stati sempre in sosta senza muoverci e senza crescere.
Roberto Della Rocca, rabbino
(25 luglio 2017)