ammonizioni…

Un mese prima di morire, Moshè comincia a spiegare al popolo la Torah. Lo dice la Parashà, quando afferma: “Nel quarantesimo anno, nell’undicesimo mese, il primo del mese, parlò Moshè a tutto Israel di tutto ciò che aveva ordinato il Signore a loro a loro riguardo. Dopo aver sconfitto sichòn, re degli Emorei che abitava a Cheshbòn, e ‘Og, re del Bashàn, che abitava ad ‘Ashtaròth in Edrè’i, di là dal Giordano, in terra di Moàv, cominciò Moshè a spiegare questa Torah, dicendo…”.
Senonché, da questa frase a quando effettivamente Moshè comincia ad esporre le mitzwòth, passano diverse pagine (addirittura nella prossima Parashà): in mezzo c’è una lunga serie di ammonizioni. Perché l’espressione “Moshè cominciò a spiegare la Torah” non si trova quando effettivamente la spiega, ma prima delle ammonizioni?
Il Rebbe di Lublin diceva che chi si mette a studiare Torah senza un preventivo atteggiamento di pentimento per i propri errori trascorsi è un malvagio; in ogni caso, i Maestri spiegano che questo atteggiamento di disporsi allo studio con la volontà di imparare a non ricadere nei propri errori è necessario. Per questo motivo le ammonizioni di Moshè erano parte della spiegazione delle mitzwòth, e ciò ci indica come accostarci alla Torah.

Elia Richetti, rabbino

(27 luglio 2017)