JCiak – Asher, il coraggio di crescere
La polemica attorno a Ken Loach, i Radiohead e all’assurdità di boicottare film e cultura ha finito per mettere in ombra – quanto meno sui media internazionali – il Jerusalem Film Festival, evento clou della scena cinematografica israeliana. A pochi giorni dalla chiusura vale però la pena di ricapitolarne i protagonisti, destinati a giocare un ruolo di primo nella prossima stagione. È stato Scaffolding di Matan Yair, tenero e violento ritratto di un adolescente e delle difficoltà di crescere già presentato a Cannes, a spuntare il primo premio come migliore film israeliano. Il premio come miglior documentario è andato invece a Conventional Sins di Anat Yuta Zuria e Shira Clara Winther che esplora la realtà degli abusi pedofili nel mondo ultraortodosso. Toni più lievi per il premio della critica, che ha segnalato Holy Air di Shady Srour, racconto sul filo dell’ironia di un surreale tentativo di imbottigliare l’aria santa a Betlemme.
Scaffolding, alla lettera “impalcatura”, nasce dall’esperienza personale del regista Matar Yair. “Per nove anni – spiega – ho insegnato letteratura al liceo ad alunni che venivano per lo più da un ambiente operaio”. “A lungo mi sono sforzato di credere che le lezioni potevano ispirare negli studenti l’amore per la lettura, i libri e la loro bellezza. Non mi dava però pace il fatto che, molto più probabilmente, la fine della scuola avrebbe segnato la fine della loro esperianza letteraria e che quello sarebbe stato l’unico periodo della loro vita in cui avrebbero letto poesia, racconti, teatro e romanzi”.
Matan Yair inizia a fermare sulla carta questo complesso di pensieri ed emozioni. “Avevo bisogno di scrivere qualcosa che mi permettesse di coltivare la speranza, di credere di nuovo che il mio lavoro aveva uno scopo, che in una classe si possono forgiare legami importanti, che i testi che leggevamo potevano avere un impatto duraturo”.
Proprio allora avviene l’incontro con Asher, un nuovo studente al tempo stesso problematico e promettente, attorno a cui finirà per strutturarsi la narrazione cinematografica.
Nel film lo studente si trova a fare i conti con le pressioni del padre che lo vuole accanto a sè nel business delle impalcature e il futuro completamente diverso prospettatogli dall’insegnante Rami. Ci vorrà una tragedia perché faccia la sua scelta e si lasci alle spalle la rabbia e le violenze che fino allora hanno contrassegnato la sua vita.
Una violenza di ben altro genere è al centro di Conventional Sins di Anat Yuta Zuria e Shira Clara Winther. Il documentario porta in scena un gruppo di giovani attori cresciuti nella comunità hassidica per raccontare la storia di Meilech che, dieci anni dopo essere stato bandito da quel mondo, riapre il diario scritto quando ne aveva 15. In quelle pagine scorrono, come in un incubo, gli abusi patiti per mano di un gruppo di pedofili ultraortodossi. Il lavoro getta una luce coraggiosa su un problema che la comunità hassidica tenda a passare sotto silenzio ma che, malgrado ciò, di tanto in tanto affiora alle cronache.
Daniela Gross
(27 luglio 2017)