Un po’ di luce
È il giorno di Tishà Be Av. Sto digiunando, in ricordo di due grandi santuari cancellati. In ricordo di Gerusalemme in fiamme. Dell’odio gratutito che causò conflitti e distruzione. Ripenso agli eventi degli ultimi giorni, altro odio, altra violenza, proprio lì, su quella che ora chiamano la Spianata del Tempio. Lotte infinite per il predominio, istigazione, impossibilità di ascoltare l’altro.
Il corso che ho presentato al Tel Hai College si è concluso e stanno arrivando i lavori degli studenti. Dovevano scrivere una riflessione su ciò che avevano imparato durante il semestre nelle lezioni di “Sviluppo del pensiero umanistico attraverso le arti”. C’erano ragazzi da tutta Israele e molti vengono ad abitare in Galilea nel corso degli studi. Fa caldo e sento gli occhi stanchi. Inizio a leggere lo scritto di Shaden Hassan, studentessa musulmana di un villaggio dei dintorni. Leggo d’un fiato le sue riflessioni. E quando arrivo quasi alla fine sento il cuore battere più forte: “L’ultimo giorno del corso è stato molto significativo per me. Era la fine del Ramadan, la nostra festa più solenne, ma non ho voluto rinunciare alla lezione, era troppo importante rivedere te e gli altri ragazzi. Ero così emozionata! Nel corso delle lezioni, negli esercizi avvincenti nei quali ci hai coinvolto, un viaggio che abbiamo percorso nel nostro passato, presente e futuro, ho capito che senza dolore, rabbia e conflitto non possiamo crescere. Che la pace germoglia affrontando le controversie della vita. Durante il corso ho scoperto cose importanti, ho imparato a conoscere gli altri, ho capito tanto sui miei compagni e su me stessa. Non si è obbligati ad essere d’accordo su tutto ma si deve ascoltare, manifestare empatia e comprensione, persino se il mio interlocutore è più estremista di me. Dai nostri incontri porto con me un cuore più aperto e un amore gratuito senza confini! Grazie per avermi capita, per avermi sostenuta nei giorni di digiuno, quando mi sentivo debole, per l’abbraccio e l’interesse sincero… Grazie, sono stata felice di esserne parte. Di sentirmi bene, a casa”. Ora ho gli occhi stanchi e anche lucidi e non so più se vedo appannato per via del digiuno, del caldo o dell’emozione. Li socchiudo e ringrazio il Cielo: per avermi dato la forza di tornare dal Galut in questa terra, per darmi la forza, giorno dopo giorno, di continuare a percorrere la strada che ho scelto.
Angelica Edna Calo Livne
(2 agosto 2017)
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