Ragione e (ri)sentimento
Vi è una prestigiosa organizzazione ebraica europea denominata J-Call (European Jewish Call for Reason), non molto dissimile e più recente della sua omologa statunitense J-Street. È alquanto stimolante leggere di un suo appello alla ragione, predisposto al fine di addivenire ad un assetto pacifico e rispettoso delle due parti nel conflitto arabo -israeliano. Ora, richiamarsi alla ragione in un’area scossa dalla fede è una dura sfida, se non altro perché fede e ragione non si intersecano spesso; semmai servirebbe, come abbiamo già accennato, un dialogo empatico e interculturale, dove ciascuno tenti di carpire, più che di capire, le ragioni dell’altro. Un groviglio dalle risalenti radici; per esempio, nelle stesse zone contese il precedente controllo da parte della Giordania (la West Bank) e dell’Egitto (Gaza), è di difficile se non impossibile lettura, così come lo è la disinvoltura con cui è stato dismesso.
Jane Austen si era notoriamente cimentata nella dialettica fra ragione e sentimento, ma almeno uno dei due poli era presente, mentre qui latita. Magari i palestinesi facessero un bello Stato nella West Bank e Gaza ma, visto che per ben due volte vi sono stati dei rifiuti alle proposte israeliane (nei colloqui con Barak e con Olmert) forse bisognerebbe appellarsi al sentimento e non alla ragione. Tanto più che a giudicare anche dagli atteggiamenti che si ravvisano nel resto del mondo, Italia compresa, si direbbe che fra tentare la pace e demonizzare il prossimo, non ci siano più dubbi sulla strada da scegliere. Direi che l’iniziativa più sensata sarebbe riprendere il nostro libro Cuore, ambientarlo in Medio Oriente, e vedere che succede.
Infine, per quanto attiene agli schieramenti dell’ebraismo italiano che si richiamano espressamente alla pace (spero che in modo implicito lo facciano tutti) ho notato delle differenze di forma e di contenuto rispetto, per dire, al bellissimo richiamo alla pace di Angelica Edna Calò Livne, contenuto in un suo video. Eppure, tutti e due sono pacifisti. Mi è parso di capire che costei consideri che la pace dipenda anche dagli arabi mentre i primi sembrerebbero pensare che dipenda soprattutto dagli ebrei. Chi è più realista?
Emanuele Calò, giurista
(8 agosto 2017)