…Owens
Lo scrivevo già un paio di settimane fa: mi piace lo sport e adesso sono tempi di atletica, con i mondiali in corso a Londra. Il nuovo fenomeno che tutti attendono è il mulatto sudafricano Wayde Van Niekerk, uomo capace di correre i 400 mt in 43,03, cose da marziani. Basterebbe questo per far capire quanto abbia guadagnato il Sud Africa con l’abolizione dell’infame apartheid. Ma, come sempre in questi casi, si sprecano i paragoni e si gioca a chi sia l’atleta più forte di sempre. La mente non può che andare a Jesse Owens, capace di migliorare quattro primati del mondo in 45 minuti e di saltare 8.13 nel 1935. Misura che ancora oggi gli garantirebbe un posto nei primi dieci alle Olimpiadi. Ma Jessie Owens è soprattutto l’uomo dei giochi olimpici di Berlino del ’36. Quelli preparati da Adolf Hitler per celebrare il suo infame regime. Owens, atleta di colore, vinse 4 medaglie d’oro in faccia a uno sdegnato fuhrer. Per prestazioni (bisognerà attendere il Carl Lewis di Los Angeles 1984 per eguagliare un simile risultato), ma soprattutto per l’irreperibile cornice rimane la più grande impresa sportiva di sempre. Sono passate alla storia come le Olimpiadi di Owens contro Hitler, ma la realtà è ben diversa: sono state le Olimpiadi di Owens contro il suo Paese, gli Stati Uniti d’America. Dopo i Giochi, Owens torna negli Stati Uniti, sbarcando a New York. Cerca alloggio per dormire, ma i primi sette alberghi gli dicono no perché ai “negri” non si dà da dormire. L’ottavo, il Pennsylvania Hotel (ancora esistente) gli dice sì, però devi entrare e uscire dall’ingresso di servizio perché nessuno veda. Il grande Roosvelt, il Presidente del New Deal, dopo l’impresa storica non gli invia neanche una letterina di congratulazioni. Evidentemente la convenienza politica spingeva in un’altra direzione. Poco dopo, Owens fu definitivamente squalificato per essersi rifiutato di partecipare all’ennesimo meeting, in cui gli atleti correvano e i soldi li incassava la federazione statunitense. Trovò poi lavoro come fenomeno da baraccone in gare semi circensi, in cui lo facevano correre con i cavalli. Così è finito Jesse Owens, il più grande atleta di sempre. Oggi queste cose non le racconta più nessuno, i nomi dei proprietari di quegli alberghi non si sanno più, troppa sarebbe la vergogna su di loro. La storia, per fortuna, è andata in un’altra direzione e celebriamo tutti il grande atleta nero che ha umiliato Hitler. Sì, perché, a volte lo sport incrocia la grande storia. Anche la recente polemica su Gino Bartali avvenuta su queste pagine lo dimostra. E lo ha fatto anche in questi anni. Quelli a cui stiamo assistendo sono soprattutto i mondiali del ritiro di Usain Bolt. Lo sprinter giamaicano che ha spostato in là i limiti dell’umano. Un altro Owens, ma con un temperamento assai diverso. Un vero e proprio showman, simbolo della goliardia e della leggerezza. Nessuno ha saputo scherzare ed interagire col pubblico come lui. Ha ricordato a tutti che lo sport è anzitutto un gioco. Però, anche le persone disimpegnate non possono sottrarsi al flusso della storia. Sempre Berlino, ma nel 2009. Dopo le incredibili Olimpiadi pechinesi dell’anno precedente, dove questo ragazzo di 21 anni stabilirà il record del mondo dei 100 mt con una scarpa slacciata nell’era del super professionismo (bissando poi l’impresa nei 200 mt), tutti lo attendono. Le ragazze, i ragazzi, i bambini e le bambine accorsi/e allo stadio si dipingono la faccia di nero per assomigliargli. Loro, che dovevano essere i figli della razza ariana, hanno come idolo un nero giamaicano scanzonato e amante delle belle bionde. È in questi casi che si capiscono le parole “La vendetta è mia”. Che bello pensare all’anima di Hitler (se mai ne ha avuta una) che si contorce vedendo la scena. Quello è il vero inferno. Sì, perché il mabul arriva, ma poi passa e la storia se ne va per conto suo. In alcuni momenti tutto è confuso, ma prima o poi il cielo si rischiarerà e dei nomi degli albergatori che hanno rifiutato l’alloggio a Jesse Owens non rimarrà alcun ricordo. Come è scritto. Il nome di Owens, invece, rimarrà scolpito sulla pietra. Per questo #iostoconjesseowens. P.S.: ogni riferimento ai dibattiti politici dei nostri giorni è totalmente voluto.
Davide Assael, ricercatore
(9 agosto 2017)