Pagine Ebraiche agosto – Sicilia ebraica, Comunità del Mediterraneo
È dedicato alla Sicilia ebraica il dossier speciale dell’ultimo numero di Pagine Ebraiche, in distribuzione in questi giorni, e alla storia di una presenza millenaria che risale agli anni della distruzione del secondo Tempio. Per raccontarlo non si può prescindere dal carattere e dalle tradizioni di un’isola speciale, e dall’idea di una presenza riconosciuta come parte integrante e imprescindibile della storia locale. Le conseguenze di un editto di espulsione che nel 1492 è andato a colpire migliaia di destini, le vicende di quella che è stata la comunità più numerosa d’Italia, e le difficoltà e la fatica di un percorso di ritorno e di rinascita che per lungo tempo hanno potuto contare solo sulla determinazione di pochissime persone. Già solo per raccontare la Sicilia ebraica è stato necessario imboccare un percorso affascinante ma non semplice, una strada tortuosa e imprevedibile fatta di personaggi a volte contraddittori e di storie da capire e vagliare, ma assolutamente da raccontare, a poche settimane dalla Giornata Europea della Cultura Ebraica che vedrà la Sicilia tutta, a cominciare da Palermo e da Catania, come capofila. Proponiamo oggi ai lettori del notiziario online il testo di Giulio Disegni, vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, che apre il dossier.
a.t. twitter @ada3ves
Comunità del Mediterraneo
Il percorso di riscoperta e rinascita, da Palermo e attraverso le sue civiltà
A chi è abituato a vivere l’ebraismo italiano secondo i suoi ritmi, le sue tradizioni, le sue istituzioni comunitarie, un salto oggi in quella che sembra essere per certi versi la Regione più al centro dell’attenzione, anche mediatica, su vita e cultura ebraica in Italia, può aiutare a comprendere una realtà assolutamente diversa, in continuo inarrestabile progredire, se non in termini di numero di ebrei che vi abitano, ma di eventi, notizie, testimonianze e di profondo interesse verso tutto ciò che è ebraico, ossia la Sicilia.
È emozionante, quasi leggendario, percorrere quartieri, stradine, e sapere che lì vi è stata una storia ebraica importante: basti pensare che, dopo il saccheggio di Gerusalemme, i romani deportarono in terra siciliana oltre 30.000 ebrei, come schiavi e che in epoca medioevale, oltre una cinquantina tra città e paesi della Sicilia avevano quartieri ebraici, noti come giudecche. E poi, sotto il dominio normanno, in tutta l’isola si svilupparono comunità ebraiche, che contribuirono nel tempo allo sviluppo culturale ed economico dell’intera Regione: l’Aron ha Kodesh di Agira e il Mikveh di Siracusa sono solamente due delle molteplici testimonianze di questa ricca storia.
E come poter dimenticare, guardando al risveglio ebraico cui si assiste oggi in Sicilia e in particolare a Palermo, che la presenza ebraica, prima di esser brutalmente estirpata, poté svilupparsi e crescere grazie alla posizione geografica che occupava la Sicilia nello scenario mondiale: il cuore del Mediterraneo, un crocevia portuale dove passavano tutti i traffici commerciali, un punto di collegamento fra l’area mediterranea e il continente europeo. Ha scritto Abraham Yehoshua su “La Stampa” del 21 luglio, in un articolo dal significativo titolo “Può nascere in Sicilia la comunità del Mediterraneo”, che “la Sicilia potrebbe essere il luogo adatto a forgiare e a valorizzare un’identità mediterranea per i popoli che ne abitano le sponde”, perché è agevole dimostrare quanto l’identità mediterranea sia radicata in Sicilia: “Civiltà diverse – ellenica, romana, cristiana, araba ed ebraica – vi hanno lasciato profonde tracce storiche e culturali. Il bacino del Mediterraneo costituisce un’unità geografica, climatica, archeologica e storica. E la Sicilia è stata la culla di grandi e ricche civiltà quali quella occidentale e cristiana della moderna Europa, quella musulmana e quella ebraica”.
Oggi sono in tanti a riconoscere che la perdita della collettività ebraica in Sicilia fu un fatto grave anche per l’economia dell’isola, perché molti degli ebrei che vi abitavano gestivano attività importanti, in alcuni casi faticose, avendo in mano buona parte dell’economia commerciale del Regno e del Viceregno di Sicilia, e oltre alle attività commerciali, operavano nell’attività della concia delle pelli, nella lavorazione del ferro e della seta, nella coltivazione della canna da zucchero e nella produzione di maioliche. Tutto questo cambiò sotto il dominio spagnolo: restrizioni e discriminazioni crebbero fino alla tragedia dell’espulsione nel 1493. Un decimo della popolazione siciliana fu esiliata o convertita a forza e così una parte integrante della storia e dell’identità siciliana fu violentemente amputata. I pochi ebrei che restarono nell’isola dovettero sopportare la distruzione della propria identità, rischiando la morte per mano dell’Inquisizione. E la storia dell’intera Sicilia ebraica venne forzatamente rimossa e coperta da una coltre di oblio, silenzio e paura per oltre cinquecento anni. Oggi ci sorprende la presenza di numerose testimonianze ancora visibili della presenza ebraica, se proviamo a cercare di scoprire ciò che è rimasto di questa civiltà. Ecco allora che possiamo meglio comprendere della portata del gesto dell’arcivescovo di Palermo, don Corrado Lorefice, che ha compiuto un gesto esemplare, una misura concreta e sincera per guarire una ferita secolare: dare in comodato alla Comunità ebraica di Napoli, nella cui giurisdizione si trova, per volontà dell’UCEI, la neo-nata sezione di Palermo, un ex-Oratorio, perché diventi sinagoga e luogo di incontro. Gli ebrei di Palermo, dopo secoli, avranno di nuovo un luogo per loro. Può sembrare semplice, perfino scontato, ma è un gesto importante, che qualcuno ha definito di portata rivoluzionaria. La speranza dell’Unione delle Comunità Ebraiche è che questo gesto segni una tappa fondamentale nel percorso di dialogo tra universi religiosi diversi e, soprattutto, di identità della piccola collettività ebraica che vive oggi a Palermo e in altre città della Sicilia. La futura sinagoga di Palermo potrà divenire un centro di vita ebraica: questo creerà, ci si augura, un circolo virtuoso su vari livelli, per gli ebrei palermitani, ma anche per la cittadinanza, che trarrà beneficio dalla ricchezza culturale generata da tale luogo. Altro vantaggio sarà garantito grazie al turismo: la sinagoga potrà diventare spazio di accoglienza e polo di attrazione per i turisti ebrei (e non solo), che avranno un punto di riferimento all’interno della città, e sarà la città stessa a trarre beneficio dalla crescita del turismo ebraico. Ma la “questione meridionale” dell’ebraismo è ancora all’inizio.
Giulio Disegni, vicepresidente UCEI
dal dossier Sicilia ebraica, Pagine Ebraiche, agosto 2017
(11 agosto 2017)