Rispetto reciproco
Mentre a Civitanova Marche discutono sulla decisione di riportare, dopo un lustro di assenza, le selezioni per ‘Miss Italia’ in città (farebbe bene al turismo e alla cultura, secondo l’assessore per la crescita culturale, sic, ahimè pure donna), mentre a Torino una signora viene picchiata dall’ex compagno dopo averlo finalmente denunciato per minacce e violenze, perché da ben nove anni costui la perseguita non accettando la fine della loro relazione (e, sebbene arrestato in flagranza di reato, è stato già scarcerato), mentre mi va di traverso una cena peraltro già pessima, sentendo un ventenne sentenziare accanto alla fidanzata e ad un’altra coppia di amici, tutti silenti, che la donna ha i suoi compiti: lavare, cucinare, stirare, lavare i piatti, fare i figli e crescerli, pulire e tenere bene la casa, mentre tutto questo e molto altro ancora accade:
era scritto in Ekev, che abbiamo appena letto – una parashà dedicata all’amore tra noi ed il Signore e al rapporto tra amore e patto – che ogni impegno preso deve avere due contraenti e non può essere unilaterale, לְט֖וֹב לָֽךְ “le tov lach”, per il tuo bene (Devarim 10:13), e deve basarsi sul reciproco rispetto e sul mantenimento di quanto stabilito.
La Torà descrive cosa accade quando l’uomo, in preda all’arroganza e al disprezzo, viene meno all’accordo (costruendo un vitello d’oro come seguendo il ribelle Korah, o dando ascolto ai dieci esploratori che male dicono della terra piuttosto che ai due controcorrente): la relazione diventa malata, un monologo assordante soffoca quello che era un dialogo, affermando la ricerca di potere e di controllo di una parte sull’altra.
Così quello solo che apparentemente è un’affermazione di possesso (וִֽירִשְׁתֶּ֣ם אֶת־הָאָ֔רֶץ, “veirishtem et HaAretz” e possederete la terra, Devarim 8:1; לְרִשְׁתָּֽהּ “lerishta” per possedere, Devarim11:8, dal verbo iarash, prendere possesso) indica in realtà un godimento di un bene se apprezzato perché “l’uomo non vive di solo pane” e di averi materiali, ma di quello che arriva dalla bocca, פִֽי, del Signore (Devarim 8:3). Tutto questo, purché non venga meno la capacità di credere nella giustizia e di tenere fede al reciproco accordo di rispetto.
Sara Valentina Di Palma
(17 agosto 2017)