cuore…
L’Ebraismo italiano è in crisi. Dicono. Dicono siano in crisi le sane relazioni tra le persone, la capacità di una comunicazione serena, di un confronto proficuo, di un dissenso leale. Dicono. E dicono pure che forse ad essere in crisi è l’intero sistema di valori del popolo ebraico ovunque esso viva. Eppure un padre e una madre il cui piccolo bambino italo-israeliano è stato investito da una moto in corsa lo scorso venerdì in Maremma, potrebbero affermare il contrario. E potrebbero raccontare dell’aiuto di un parnas di un tempio italiano di Rechavia, Gerusalemme, che ha organizzato un minian speciale e una lettura di tehilim per il bambino, insieme all’intero kahal del tempio. Potrebbero raccontare di una pediatra, già presidente della comunità di Firenze, che ha accolto la giovane madre dopo il viaggio in elicottero da Grosseto a Firenze con il piccolo ed è stata presente in ogni momento del delicato ricovero. Potrebbero raccontare di due nonni di altri giovani israeliani con origini fiorentine che si sono presentati in ospedale anche solo per dire: “Shabbat Shalom”, portando generi di conforto e un chupa chups, lecca lecca, primo pasto post operatorio del bimbo. Potrebbero raccontare di amici fiorentini di ritorno dalle vacanze in montagna che, senza neanche aprire le valigie, hanno prima cucinato un bel piatto di pasta e ragù da portare al bimbo. Potrebbero raccontare di una signora sconosciuta alla famiglia del bimbo che ha cucinato anche lei per lui, sua madre e suo padre (in realtà, date le quantità “ebraiche” dei piatti, hanno mangiato anche i fratelli del bimbo) e solo perché fare questo è una mitzvà. Potrebbero raccontare delle telefonate, dei messaggi, delle preghiere di tutto il mondo ebraico che si è messo in contatto con la famiglia del bimbo al di là di ogni ruolo sociale e di ogni compito formale e comunitario, superando distanze e fusi orari, dal Trentino alle navi da crociera nel mediterraneo, fino a New York. Potrebbero raccontare di amici che muovono amici, cugini e parenti tutti per fare in modo che ogni azione burocratica per la famiglia del bimbo sia meno pesante, meno invadente e si arrivi presto alla soluzione: che sia un biglietto aereo da cambiare o una pratica di dimissioni ospedaliere da tradurre in inglese. Dicono che l’ebraismo italiano sia in crisi. Forse sono in crisi i consigli amministrativi, le riunioni, le giunte, le assemblee, i verbali e i protocolli. Ma l’Ebraismo non sembra in crisi. Perché come ha affermato Simon Dubnow, lo storico ebreo russo morto, tragicamente, nel 1941: “Esiste un popolo ebraico”. Ed esiste il suo cuore grande. Ovunque. Basta saperne cogliere il battito.
Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
(18 agosto 2017)